Fast fashion, il vero volto del mercato mondiale dei vestiti a basso costo
Facile cadere nella tentazione di comprare abiti. Ma dietro ai costi bassi ci sono lavoratori sfruttati
Andare a fare shopping è ormai diventata un’attività comune per tutti noi, che sia perché è una giornata piovosa, per un’uscita con amici o amiche, per i saldi o per cercare qualcosa da mettere alla prossima festa, ci ritroviamo spesso dentro a centri commerciali e guardiamo con occhi sognanti le vetrine di Zara o Bershka, ma anche di tanti altri marchi.
Quando proviamo e decidiamo di comprare quell’indumento che ci piace, che va così tanto di moda e che magari è anche a basso prezzo, dovremmo però chiederci perché, nonostante venga da Paesi orientali come il Bangladesh, così lontani, costi così poco. E soprattutto dobbiamo chiederci perché tra pochi mesi sarà già sostituito da un altro capo d’abbigliamento.
La verità è che dietro a quel vestito che vediamo indosso a chiunque per tutta l’estate e che possiamo acquistare a un prezzo così basso, ci sono migliaia di persone che ogni giorno vanno al lavoro non sapendo se torneranno a casa la sera o se potranno avere qualcosa da mangiare, perché costrette a lavorare in condizioni pessime, con orari di lavoro inconcepibili e in strutture precarie che spesso rischiano di crollare.
Per esempio, alcune donne in Nepal hanno testimoniato che sono pagate soltanto 2 dollari per lavorare 15 ore al giorno. Non va meglio in Bangladesh, dove un salario medio arriva ad appena 90 dollari al mese, mentre per vivere una vita dignitosa ne servirebbero almeno 250-280.
Questi stipendi così bassi negano la possibilità di accedere a un qualsiasi tipo di cura medica, inclusa anche quella necessaria dopo un infortunio sul lavoro. Per un inaccettabile paradosso, le spese mediche per infortuni sul lavoro sono a carico del lavoratore stesso. E non è poi così raro che gli infortuni avvengano, a causa della precarietà delle strutture e degli strumenti usati.
I genitori, a causa del lavoro, non possono dedicarsi ai propri figli. I quali a loro volta spesso sono costretti a lavorare per aiutare la famiglia a guadagnare ciò che serve per vivere. Per questo devono rinunciare a svolgere le attività che i bambini dovrebbero fare, come giocare con gli amici o andare a scuola. Addirittura ai bambini sono riservati i lavori più duri e pericolosi che li tengono molto tempo a contatto con sostanze tossiche, causa di gravi malattie e malformazioni non curabili.
Per esempio, circa un anno fa, in Uzbekistan sono stati chiusi dal governo ospedali, scuole e uffici per poter avere maggior manodopera a disposizione.
Le proteste di qualsiasi tipo sono vietate e represse con violenza. Per questo le persone preferiscono tacere e sopportare piuttosto che mettere ancora più a rischio la propria vita e quella dei propri cari.
È difficile se non quasi impossibile ridurre completamente il consumo di prodotti fast fashion, ma sarebbe opportuno fare acquisti più consapevoli e non comprare tutto ciò che vediamo e che ci piace solo perché va di moda o costa poco. È necessario essere a conoscenza di ciò che si nasconde dietro i nostri vestiti e cercare di limitare le violenze che causano riducendone gradualmente il consumo. Anche solo l’intervento di poche persone può iniziare a fare la differenza.
*Studentessa del liceo classico XXV Aprile di Pontedera (Pisa)