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La sentenza

Scandalo al centro di accoglienza, Misericordia condannata a risarcire 34 milioni: i motivi e perché c’entra la Toscana

di Pietro Barghigiani

	Il centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto
Il centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto

L’indagine riguarda il centro migranti di Capo Rizzuto. La Corte dei Conti chiama in causa anche la Confraternita e i due ex presidenti toscani

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La colpa grave è non aver capito, né tenuto d’occhio, cosa succedeva a quasi mille chilometri di distanza. Non aver controllato la gestione per usare un eufemismo dissennata, tra sperperi e fatture false a favore di amici e società legate alla’ndrangheta, del centro di accoglienza per richiedenti asilo affidato alla locale Misericordia di Isola Capo Rizzuto.

Un presunto disinteresse capace di innescare una reazione a catena, oltre a una perdita milionaria per le casse dello Stato, che la Corte dei conti traduce in una stangata per l’ente con sede a Firenze e per due suoi ex presidenti.

Le condanne

La condanna principale a versare al ministero 34 milioni e 600mila euro riguarda la Fraternita della Misericordia di Isola Capo Rizzuto (Crotone) in solido con l’ex governatore Leonardo Sacco, 45 anni e il parroco don Edoardo Scordio, 78 anni. La sentenza stabilisce che, in caso di mancato pagamento di quella somma da parte dei tre soggetti, in via sussidiaria toccherà alla Confederazione Nazionale delle Misericordia d’Italia e agli ex presidenti Gabriele Brunini e Roberto Trucchi farsi carico del risarcimento, ciascuno per la propria parte. Nello specifico : 10 milioni e 398mila euro a carico della Confederazione Nazionale delle Misericordie d’Italia; 2 milioni e 92mila euro per Brunini, 73 anni, ex sindaco di Borgo a Mozzano (Lucca), presidente dal 2007 al 2011 della Confederazione; 2 milioni e 544mila euro per Trucchi, 64 anni, di Albinia (Grosseto), presidente dal 2011 al 2015.

La vicenda

All’origine della storia, con il centro per migranti trasformato in un bancomat del malaffare, una gestione illecita dei fondi (dal 2006 al 2017) della struttura di Isola Capo Rizzuto con il coinvolgimento della criminalità organizzata della cosca Arena. Sacco e Scordio erano stati arrestati per associazione mafiosa e malversazione il 15 maggio del 2017. Sacco, condannato in appello a 20 anni, è tornato in libertà nel 2023 a seguito della sentenza della Corte di Cassazione che aveva annullato tutte le condanne per malversazione. Don Edoardo Scordio, invece, nel processo di appello aveva subito una condanna ad otto anni ed otto mesi poi annullata dalla Cassazione che ha disposto un nuovo processo d’appello la cui sentenza è prevista per oggi.

Spese senza controlli

La convenzione tra prefettura di Crotone e Misericordie d’Italia prevedeva l’operatività della gestione assegnata alla Fraternita di Isola Capo Rizzuto. Secondo la Guardia di finanza Sacco e Scordio avrebbero proceduto al pagamento di fatture false per prestazioni e servizi inesistenti emesse da conniventi società locali, «al fine di rendicontare spese non realmente sostenute ed appropriarsi indebitamente delle somme erogate dal ministero dell’Interno per il tramite della Confederazione». Nell’arco degli anni la stima è di oltre 34 milioni di euro a spese dello Stato.

Sprechi e false forniture

Quel centro per migranti era diventato una gallina dalle uova d’oro per i gestori e i loro amici. A carico della collettività. Soldi che passavano dai conti della Misericordia locale ai fornitori per prestazioni inesistenti o al di sotto di quanto scritto nelle fatture. La parte del catering è stata accertata dalla Guardia di finanza con tanto di telecamere. Le derrate per cui venivano saldati i conti in realtà non corrispondevano a quello che finiva nei piatti dei migranti. Il denaro veniva usato, secondo le sentenze penali e contabili, persino per il pagamento di mutui per immobili che niente avevano a che vedere con il Cara. Don Scordio «agiva come se la Fraternita fosse nella sua disponibilità, disponendo i subappalti alle ditte e trasferendo a sé o ad associazioni da lui controllate buona parte dei “corrispettivi” indebitamente ottenuti grazie all’ente». E proprio l’ente, la Confederazione delle Misericordie, che si trova nella duplice condizione di parte civile nella trincea del penale e di responsabile di danno erariale davanti alla Corte dei conti.

Omissioni

I giudici contabili le contestano, insieme ai due ex presidenti Trucchi e Brunini, non una responsabilità diretta nell’uso illegale dei soldi pubblici, ma di aver «omesso di controllare la qualità dei servizi prestati dalla Fraternita ed omesso altresì di verificare le spese sostenute e di controllare adeguatamente i report mensili relativi alle uscite di denaro dalle casse della Fraternità, considerato che Trucchi, nell’ambito del giudizio penale, ha precisato che per quanto a sua conoscenza, la Confraternita Nazionale non ha mai verificato l’effettività delle prestazioni rese dai subappaltatori e che questi venivano ricompensati sulla base delle note di debito emesse con cadenza mensile dalla Misericordia in funzione delle presenze registrate nei centri ed a prescindere dai servizi effettivamente resi». Una“dimenticanza” dei vertici su quello che facevano i confratelli calabresi che spinge i giudici a scrivere di «sistematico omesso controllo delle spese effettuate e l’assenza di rendicontazione che, ove svolta, avrebbe certamente consentito alla Confederazione di rilevare l’anomalia dei pagamenti e prelievi che venivano effettuati, privi di causale coerente con l’attività di gestione dei centri migranti della quale la Confederazione era l’unica titolare appaltatrice».

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