Vino toscano in crisi, i tre fattori che lo minacciano: dazi Usa, calo dei consumi e nuovo codice della strada
I produttori tra preoccupazione e speranza: "Basta catastrofismi, il vino accompagna l'uomo da millenni"
Il mondo del vino toscano (e non solo) trema di fronte alla tempesta perfetta. Una congiuntura in cui al calo dei consumi si è saldato lo spauracchio delle sanzioni del nuovo Codice della strada e su cui adesso, come un macigno, pesa la minaccia dei dazi al 200% di Trump.
Si attende con preoccupazione il 2 aprile, giorno dell’introduzione dei dazi, ma non si rinuncia alla fiducia, consapevoli che le guerre commerciali non giovano a nessuno e che il vino accompagna la storia dell’uomo da migliaia di anni. C’è anche chi, infine, considera la situazione un’opportunità per guardare a nuovi consumatori e a un nuovo modo di raccontare il vino.
Tempesta perfetta
Con una lettera spedita ai ministri dell’agricoltura, degli affari esteri e del Made in Italy, il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi, ha chiesto l’intervento del governo per scongiurare l’ipotesi dei dazi annunciati da Trump sulle bevande alcoliche europee.
Un dazio del genere, scriveva Busi, «significherebbe il blocco totale delle vendite oltreoceano e metterebbe in ginocchio le aziende produttrici, che con i magazzini pieni sarebbero costrette a fermare la produzione e a ricorrere alla cassa integrazione per i dipendenti».
Gli fa eco il vicepresidente del Consorzio Ritano Baragli, che guida la Cantina Sociale Colli Fiorentini, il principale produttore di Chianti al mondo. «La preoccupazione è alta, altissima – comincia – Per il Chianti quello americano è il terzo mercato dopo il mercato interno e quello tedesco, che però è già in crisi. E un crollo del mercato americano arriverebbe in una situazione già critica per il calo dei consumi e per una lotta insensata al consumo di alcool. Spero che l’Europa ragioni sul significato di un mondo aperto e di uno dove ognuno gioca le sue palle in casa propria – conclude Baragli – i dazi non giovano a nessuno».
«Basta catastrofismi»
Chi non vuol sentir parlare di dazi è invece il presidente del Consorzio Vini Maremma, Francesco Mazzei. «Secondo me se ne sta parlando troppo – taglia corto – È vero che gli Stati Uniti non si sostituiscono facilmente, ma stiamo parlando di un mercato che vale verosimilmente tra il 15% e il 20%. Il dazio al 200% è una ritorsione per quello dell’Europa sul whiskey e sinceramente auspico e mi aspetto che i dazi non vengano imposti».
Quanto al mercato interno, aggiunge, «è evidente che gli operatori siano un po’ impauriti per la congiuntura internazionale e per gli effetti del nuovo Codice della strada e della disinformazione sul tema».
E a questo proposito fa notare: «Alla fine sono cambiate le sanzioni ma non le soglie: non potevi bere e guidare prima e non puoi farlo adesso. Però attenzione – spiega – non è che se bevi un bicchiere superi la soglia. In questo momento siamo catastrofisti. Dobbiamo smettere di esserlo e guardare avanti con ottimismo, sperando che non ci siano dazi e che gli effetti del Decreto Salvini si attenuino, cosa che succederà di sicuro. Siamo in un momento in cui il vino da essere il prodotto più bello, più sociale e più condivisibile si è trasformato in elemento negativo. Il vino ci accompagna da migliaia di anni – conclude – e oso pensare che continuerà a farlo ancora per qualche migliaio di anni».
Esportazioni ferme
Intanto, mentre si aspetta il 2 aprile, le esportazioni verso gli Stati Uniti sono ferme. «Torno adesso dagli Stati Uniti e l’associazione degli operatori del vino ha sconsigliato di fare ordini prima del 2 aprile – racconta Giovan Battista Basile, presidente del Consorzio Montecucco – diciamo che molti operatori si stanno rendendo conto che i danni non saranno solo per l’Europa ma anche per gli Stati Uniti. C’è molta prudenza: i grandi operatori hanno fatto un po’ di scorta, il mercato degli operatori medio piccoli si è fermato».
«Questo scenario incerto sta bloccando tutto ma c’è un cauto ottimismo – spiega Bernardo Guicciardini Calamai, presidente del Consorzio del Morellino di Scansano – però la disputa deve risolversi in fretta, perché sia il mercato estero, sia il mercato interno sono già rallentati da una congiuntura economica sfavorevole».
Cambiare narrazione
La congiuntura economica e l’ombra dei dazi stanno insomma rimescolando il mondo del vino. Cambiano i consumatori, cambiano le occasioni di consumo.
«Dal mio punto di vista – spiega Riccardo Gabriele, titolare dell’agenzia “Pr Comunicare il vino” – posso dire che c’è un approccio diverso ma intorno al vino, che è sempre uscito da ogni crisi, c’è sempre un grande interesse. Forse adesso abbiamo la necessità di parlare con i consumatori in maniera diversa. Bisogna far capire il valore del lavoro che viene fatto nella vigna, e dobbiamo far capire che il consumo moderato, abbinato al cibo, è un valore aggiunto perché è il risultato di un lavoro che racconta un territorio». l
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