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Il comodato d’uso

Quando il comodato nasconde la locazione. Ecco le conseguenze

Quando il comodato
nasconde la locazione.
Ecco le conseguenze

La simulazione del contratto: i consigli dell'avvocata Giulia Orsatti

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Dal 2023 abito in comodato d’uso l’immobile di proprietà della mia padrona di casa. Nei giorni scorsi quest’ultima mi ha mandato una lettera invitandomi a riconsegnarle l’immobile nel mese di settembre 2025 dicendo che il contratto di comodato sottoscritto deve intendersi risolto a quella data. C’è da dire che ho sempre pagato una somma mensile derivante dagli accordi inseriti in una scrittura privata che abbiamo firmato contestualmente al contratto. Lei mi ha sempre lasciato ricevute come fossero rimborsi spese, ma in realtà erano le mensilità dell’affitto. Il mio problema è che non so dove andare. Potete aiutarmi?
R. da Montespertoli

Il contratto di comodato d’uso è il titolo che regolamenta i rapporti tra un soggetto che concede in godimento un bene mobile o immobile a un altro soggetto, il quale lo utilizza a titolo essenzialmente gratuito, salvo avere l’obbligo di rimborsare al proprietario le somme occorse per la gestione del bene.

Quindi, ben può essere posto a carico del comodatario un onere senza che venga intaccato il carattere essenzialmente gratuito del contratto di comodato, purché sia di consistenza modesta. L’esempio classico consiste in un rimborso spese periodico di entità tale da lasciare ragionevolmente escludere la dissimulazione di un sottostante contratto di locazione

Pertanto, qualora le parti di un contratto di comodato d’uso di immobile sottoscrivano separatamente un accordo che modifichi la volontà in esso manifestata e, di fatto, vanifichino i suoi effetti giuridici, prevedendone altri e diversi, come la corresponsione periodica di un vero e proprio “canone”, realizzano una vera e propria simulazione.

Richiamando una tra le definizioni più apprezzate sul punto, si può affermare che si ha una simulazione quando uno o più soggetti stipulano un negozio apparente, perché in realtà perseguono interessi diversi, oggetto dell’accordo simulatorio.

Ebbene, in caso di simulazione, la legge prevede specifiche conseguenze volte a ripristinare la reale volontà delle parti al momento dell’accordo, indipendentemente dalla dichiarazione nella quale questa volontà negoziale viene esplicitata.

In particolare, l’articolo 1414 del codice civile prevede che “Il contratto simulato non produce effetto tra le parti. Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano i requisiti di forma”.

Nella fattispecie proposta quest’oggi, dunque, potrebbe essere accertato che l’accordo allegato al contratto di comodato altro non è che l’accordo simulatorio intervenuto tra le parti.

Secondo questa ricostruzione, pertanto, la locazione abitativa rileverebbe quale reale negozio produttivo di effetti, ossia il cosiddetto accordo dissimulato, mentre il comodato d’uso si qualificherebbe quale negozio apparente, con tutte le conseguenze che ne derivano. Fra queste, in particolare, le norme sulla durata contrattuale e sulle facoltà di recesso del locatore.

L’istituto della simulazione, in ogni caso, propone seri problemi dal punto di vista pratico per chi è parte del contratto concluso. Il negozio dissimulato, infatti, potrà essere accertato solo qualora ne sussistano i requisiti di forma e, soprattutto, solo dopo averne provato l’esistenza.

Invero, la Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha richiamato quanto previsto dall’orientamento maggioritario, stabilendo che “la prova della simulazione avrebbe potuto essere fornita soltanto mediante controdichiarazione”, analogamente a quanto stabilito da Cass. n. 1288/2001 (cfr. Cass. civ. ord. del 14/12/2023, n. 33727).

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