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Il debutto

Carnevale di Viareggio 2025, Giorgia Meloni sul carro della satira: l’analisi del primo corso

di Barbara Antoni

	Il carro di Avanzini con la maschera di Giorgia Meloni sotto i fuochi d’artificio (Foto Roberto Paglianti)
Il carro di Avanzini con la maschera di Giorgia Meloni sotto i fuochi d’artificio (Foto Roberto Paglianti)

La premier (con Silvio) nell’opera di Avanzini cerca di uscire dai pantaloni militari. Ma è anche protagonista di due mascherate di gruppo. E spunta Donald Trump

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VIAREGGIO. Espressione guardinga e occhi spiritati, il celeste naturale esaltato fino a esagerarlo: la premier Giorgia Meloni è la protagonista di “Per una sana e robusta Costituzione”, carro di Alessandro Avanzini. Con indosso un blazer attillato color fucsia tenta inutilmente di uscire da un paio di marziali pantaloni militari con la fiamma ad altezza pube e dagli stivaloni alla nazista. Non ci riesce, ma continua a provarci, con la benedizione del Cavaliere Silvio Berlusconi che sorride dal cielo circondato da tanto di aureola. Il messaggio politico c’è tutto: il premierato meloniano di stampo populista che scalpita per varare in una direzione di potere più accentrato – con l’elezione diretta del premier, in base al disegno di legge presentato nei mesi scorsi – rappresenta un pericolo per la Costituzione e quindi per il Paese. La satira politica, da anni abbandonata, torna protagonista sui carri di prima categoria del Carnevale di Viareggio; ieri, domenica 9 febbraio, si è alzato il sipario sull’edizione 2025, dopo il rinvio di un giorno a causa del maltempo, ma sempre con il grande pubblico dell’apertura.

Se è vero che Giulio Andreotti, il politico più preso di mira e più rappresentato negli anni d’oro della satira politica ai corsi mascherati in Passeggiata sosteneva che «se non sei rappresentato al Carnevale di Viareggio, vuol dire che non sei nessuno...», allora Meloni ha avuto la sua consacrazione anche al Carnevale di Viareggio. È sempre lei protagonista di altre stoccate alla politica che arrivano da due mascherate di gruppo: quella di Edoardo Ceragioli (“L’estrema unzione”) dove una Meloni accigliata, con la stola viola da parroco e le mani giunte, somministra l’olio santo a una sinistra ridotta a scheletro; e in quella di Giampiero Ghiselli (“C’è qualcosa che non torna”): qui Meloni, stessi occhi spiritati, il fez con la fiamma in testa, viene fatta sfilare in auto, dove sta in piedi, come a sancire un potere assoluto, condotta dal suo fido Guido Crosetto e scortata da altri “scudieri” sulla motoretta sempre di foggia nazi, fedelissime riproduzioni dei volti di Giovanni Donzelli e Matteo Salvini, di Roberto Vannacci e Ignazio La Russa. Mentre nella mascherata di gruppo firmata da Marzia Etna e Matteo Lamanuzzi (“Sulle ali dell’innocenza... plin plin”), i bimbi trasformati in farfalle fanno pipì sui grandi della terra: e anche lì ecco che spunta Meloni, in buona compagnia, tra gli altri, di un fu presidente Francesco Cossiga, dello “zar” di Russia Vladimir Putin e di Donald Trump, neo presidente bis degli Stati Uniti.

Quest’ultimo manca però dal palcoscenico di prim’ordine del Carnevale di Viareggio: del resto, il 13 agosto scorso, quando i carristi hanno presentato i bozzetti per l’edizione 2025, mancavano mesi alle elezioni americane e tutti i giochi erano da fare. La democratica Kamala Harris (che ha accettato la candidatura dieci giorni dopo) inizialmente poteva sembrare favorita al bis del repubblicano Donald. Che spunta, con la chioma color tuorlo d’uovo e il sorriso beffardo, anche dalle maschere isolate di Alessandro Vanni (“Love is all you need”).

Al di là della satira politica in senso stretto, vero è che il Carnevale di Viareggio – quest’anno dedicato alla Pace – conferma la sua efficacia anche nel sollevare grandi temi e temi scomodi, come l’apertura della Chiesa cattolica a ruoli apicali delle donne al suo interno: così nel carro “Sic transit gloria mundi” di Carlo e Lorenzo Lombardi, dove una immaginaria papessa domina su vecchi clericali dai volti incartapecoriti e lascivi. Jacopo Allegrucci, vincitore delle ultime tre edizioni del Carnevale (oltre a quella del 2019), è efficace anche nel nuovo carro, “Il mostro ha paura”: il suo Frankenstein, gotico e verdastro, ha paura della normalità e si nasconde. Ma «ciò che rende il mondo bello – è il suo messaggio – è il fatto che siamo tutti diversi».

E poi il mondo dei “Social”, come il titolo del carro di Massimo e Alessandro Breschi, i quali – attraverso una figura di uomo con un rallentato, quasi meccanico, distendersi e alzarsi da un telefonino – stigmatizzano il paradosso che nel mondo della comunicazione globale è più facile rimanere soli, come gli hikikomori: giovani che si ritirano dalla vita sociale, rimanendo isolati. Ancora social: ecco “Come tu mi vuoi” la donna manichino con gli abiti e i volti intercambiabili descritta nel carro dei Cinquini (Umberto, Stefano, Michele e Jacopo). “La grande condottiera” di Luca Bertozzi altri non è che una ridente Maria De Filippi: torna il tema della comunicazione. De Filippi, influencer ante litteram, è in grado di orientare l’audience e conquistare il gradimento.

Non “social” ma sociale è il carro di Lebigre e Roger. Il titolo “La tempesta” è il richiamo al potere taumaturgico di una tempesta che spazza via tutti i mali del mondo, tempesta identificata nel corpo di una sciamana dai colori eterei. Luigi Bonetti tocca il tema della comunicazione tecnologica contrapponendola a un’immagine onirica che riporta alla Natura. Sociale il carro di Roberto Vannucci: i suoi anziani scanzonati, scarniti e rugosi, suonano il sax e la chitarra elettrica e si muovono al rimo di musica: sono una “Nuova generazione... balliamo sul mondo”, chiara nel suo messaggio: non ci chiamate terza età.

 

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