Il Tirreno

L’evento

“La bella vita” torna a Piombino: emozioni e sguardo al futuro. Virzì: «Questa città mi ha battezzato» – Video


	Alcuni momenti dell'evento a Piombino con gli interventi di Paolo Virzì e Claudio Bigagli (foto Lorenzo Manzini)
Alcuni momenti dell'evento a Piombino con gli interventi di Paolo Virzì e Claudio Bigagli (foto Lorenzo Manzini)

Sala gremita al Metropolitan per l’evento del Tirreno e del Gruppo Sae. L’attore Bigagli: «Mi ispirai al mio vissuto»

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PIOMBINO. Nel buio della sala, più di uno non resiste. Tira fuori il cellulare, aspetta la scena e, clic, scatta una foto allo schermo. Stringe un po’ più forte il telefono e si emoziona a rivedere se stesso, o un amico, dopo 30 anni, comparsa ne “La bella vita” di Paolo Virzì, il film che ha raccontato Piombino nel suo momento più delicato: il passaggio dalla città che colava l’acciaio a una città nuova, all’epoca ancora alla ricerca della sua nuova “pelle”.

L’evento

A distanza di tre decenni dall’uscita della pellicola – era il 23 settembre 1994 – Il Tirreno e il Gruppo Sae hanno celebrato ieri, 23 gennaio, al cinema Metropolitan di Piombino, quel film e questa città. Un momento per riflettere su come è cambiata in questi anni e dove si sta avviando. E un’occasione per rivedere sul grande schermo l’opera prima di Virzì, da poco restaurata dalla Motorino Amaranto e dalla Fondazione Cineteca di Bologna con la supervisione del regista. Davanti a una sala gremita – trecento gli spettatori, più le autorità civili e militari – sul palco, insieme al direttore del Tirreno, Cristiano Marcacci, e alla giornalista Francesca Ferri, che ha coordinato l’evento, ha portato il suo saluto il sindaco Francesco Ferrari – il Comune ha patrocinato l’iniziativa – e poi si è tenuto il talk “Piombino tra passato, presente e futuro”, condotto dal giornalista Manolo Morandini con alcune aziende del territorio.

Virzì e Bigagli

A seguire, l’attesissima proiezione de “La bella vita”, che attraverso la vicenda umana di Bruno Nardelli, interpretato da Claudio Bigagli, racconta la crisi della classe operaia, che coincide con la crisi dell’industria metallurgica piombinese a inizio anni Novanta, e a cascata con la crisi di identità di un’intera città, Piombino. «La città che mi ha battezzato come regista», ha ricordato in un videomessaggio di saluto Paolo Virzì, proiettato al termine del film, dopo un lungo applauso. «Il territorio della mia iniziazione, a cui mi sento molto vicino», ha aggiunto. Del periodo delle riprese Virzì ha ricordato una «umanità che ci ha accolto a braccia aperte», a partire dalle famiglie «che ci ospitarono alla casa della Tolla», set dell’appartamento dei due protagonisti, Bruno e Mirella, una meravigliosa Sabrina Ferilli a inizio carriera che per questo ruolo vinse il David di Donatello come migliore attrice protagonista.

I ricordi

Anche Virzì, dal canto suo, si aggiudicò il David, come miglior regista esordiente. «Avevo 29 anni – ha ricordato il regista – e “La bella vita” è stato un film importantissimo per me dal punto di vista artistico e professionale, mi porto ancora dietro quelle giornate. Un film difficile, doloroso ma anche pieno di calore, commovente». Che così è nato: «Stava finendo l’epoca della centralità del lavoro tradizionale, con tutte le sue fatiche, usurante, logorante», ha ricordato. Traumatica l’esperienza dell’altoforno: «Girammo solo due o tre giorni dentro le acciaierie e furono per noi giornate atroci. Ci domandavamo come facevano tanti lavoratori a stare lì all’altoforno, a 2mila gradi, davanti alla colata tra lapilli roventi e odori potentissimi, la polvere nelle mani, nel corpo». Allo stesso tempo però «sappiamo anche cosa voleva dire essere un operaio delle acciaierie per una realtà come quella. Voleva dire avere il senso di una comunità – ha ricordato –. Quel momento che raccontammo fu un passaggio di stagione e di epoca». Virzì non aveva nemmeno trent’anni, «ero pieno di ingenuità e di inettitudine e tuttavia mi sembrava di percepire in maniera istintiva che quella stagione era al tramonto e bisognava guardare oltre i fumi delle acciaierie».

Oltre quei fumi Virzì intuisce la potenzialità di una nuova industria, quelle del turismo. E proprio verso questo futuro si convertono Bruno e i colleghi. Una nuova prospettiva che poi si è effettivamente realizzata. Come ha sottolineato Claudia Spinelli, piombinese, autrice del libro “La bella vita. La sceneggiatura di Francesco Bruni e Paolo Virzì” (Edizioni Erasmo), «il cinema di Virzì è profetico». Piene di emozione anche le parole di Bigagli, che si è collegato da Roma. «Io vengo da una famiglia di operai e artigiani tessili, quindi conosco quella realtà molto bene. Rappresentare un operaio è una cosa che fa parte del mio vissuto, a cui mi sono ispirato», ha detto. E ha ricordato, tra gli altri aneddoti, di aver dato qualche lezione di toscano alla Ferilli.