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Esplosione a Calenzano, da un mese tra la vita e la morte: «Forza “Emi”, non mollare adesso»

di Stefano Taglione

	L'esplosione e il camionista gravemente ustionato
L'esplosione e il camionista gravemente ustionato

Come sta il camionista di 51 anni sopravvissuto al disastro nel deposito Eni. Il racconto del cognato, ex calciatore anche del Livorno: «Sarà un lungo decorso, dobbiamo essere pazienti e non smettere mai di sperare»

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PISA. Da quasi un mese, sedato in coma farmacologico, sta lottando per tornare a vivere in un letto del centro ustioni di Cisanello, a Pisa: «Deve essere forte, sono sicuro che lo sarà – lo sprona il cognato Juri Pellegrini, ex calciatore fra le altre di Livorno, Verona e Massese, per lui come un fratello – e noi non possiamo far altro che aspettare. Finché le condizioni cliniche rimarranno stabili va bene, anche perché lentamente qualche ustione, sopra lo sterno, è migliorata».

Non ha mai smesso di lottare Emiliano Braccini, il camionista livornese di 51 anni della Meritrans rimasto gravemente ferito lo scorso 9 dicembre nell’esplosione del deposito Eni di Calenzano, in provincia di Firenze, dove cinque persone hanno perso la vita. I familiari, che non hanno ancora mai potuto parlargli a causa della sedazione indotta dai medici, non lo hanno lasciato solo per un attimo. Con lui, infatti, ci sono sempre la moglie Ilenia e Juri, anagraficamente un cognato, di fatto come un fratello. Passando le festività con lui e sperando in un 2025 di miglioramenti.

Tanti i colleghi che spesso lo vanno a trovare in ospedale e lo supportano, anche a distanza, insieme ai volontari della Svs, l’associazione dove “Emi” – questo il suo nomignolo – faceva il volontario, donando al servizio della città il suo tempo libero e guidando ogni sabato le ambulanze per gli indispensabili interventi del 118. «Emiliano reagisce. Soprattutto sopra lo sterno dei piccoli miglioramenti ci sono stati – racconta ancora Pellegrini – e dobbiamo sperare, intanto, che le condizioni rimangano stazionarie. Abbiamo fiducia nei medici, che però chiaramente non si sbilanciano. La speranza, come si dice sempre, è l’ultima a morire e noi dobbiamo andare avanti in questo modo, giorno dopo giorno, auspicando sempre un piccolo miglioramento, passo dopo passo, affinché le ustioni migliorino anche da sole, senza particolari interventi, senza avere fretta. Sarà un lungo decorso, dobbiamo essere pazienti e non smettere mai di sperare».

Emiliano, quando si è verificata l’esplosione, si trovava fuori dall’autocisterna alla pensilina numero sei, nell’area dove c’è il display per poi iniziare a programmare il carico. Era l’autotrasportatore più vicino al luogo della deflagrazione, avvenuta fra le corsie sette e otto e già il fatto che sia vivo, di fatto, è un miracolo. Sintomo che è forte, ha resistito. E ora, con la stessa forza, sta cercando di tornare alla vita, quella con la sua splendida famiglia. «Sì, lui era vicino al luogo dell’esplosione – conclude Juri – almeno è ciò che abbiamo capito da alcuni filmati pubblicati, ma a noi gli inquirenti non ci dicono niente, dell’indagine non sappiamo nulla. Sicuramente gli operai che stavano lavorando all’intervento di manutenzione erano alle sue spalle, molto vicino, chissà chi ha ordinato loro di agire, visto che di solito non dovrebbero esserci contemporaneamente altre lavorazioni. Credo che per capire cosa sia successo ci vorrà ancora un bel po’ di tempo, ma noi pensiamo a Emiliano». 


 

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