Moda, Elisa e la sciarpa di Gucci come simbolo della protesta: «Vi raccontiamo la crisi del lusso»
In migliaia in piazza a Firenze per avere subito ammortizzatori e investimenti: tre storie simbolo
Il settore moda sta affondando e nessuno se lo può permettere. Non possono farlo i suoi 110 mila addetti e nemmeno quella filiera che ha fatto grande il Made in Italy nel mondo. Il momento di agire è questo, dicono i sindacati confederali che ieri (martedì 12) hanno sfilato in migliaia per le strade del centro di Firenze scandendo lo slogan “Il lavoro non è fuori moda”. Delegazioni da Firenze e dalla piana fiorentina ma anche da Siena e Pisa, decise a ribadire alle imprese, alla Regione e al governo che non c’ è più tempo, che la crisi è tale che servono ammortizzatori e investimenti, piani industriali e lotta all’illegalità.
Elisa e la sciarpa Gucci
Sulle lavoratrici della Gpa che sfilano in corteo, la sciarpa di Gucci non è un vezzo ma un tratto distintivo, la rivendicazione di un’appartenenza da portare con orgoglio. La Gpa infatti è una delle tre aziende al vertice della filiera produttiva di Gucci e occupa circa 650 persone. La cassa integrazione del brand di lusso, che appartiene al gruppo Kering – più di 500 negozi in tutto il mondo – era stata annunciata a metà della scorsa estate, quando i dati del primo semestre dell’anno non erano stati all’altezza delle aspettative. Da qui la necessità di ridurre i volumi della produzione e ricorrere a uno strumento come la cassa integrazione. Quella sciarpa adesso è diventata anche il simbolo di una preoccupazione comune e quel motivo a G che tanto amato nel mondo sembra sempre più un punto interrogativo. «Ormai lavoriamo due giorni a settimana – dice Elisa Turrini, ventotto anni, da due in Gpa – sono due mesi che siamo in cassa integrazione e lo saremo almeno fino a dicembre. Di quello che invece accadrà nel 2025 – dice – non sappiamo ancora niente».
Ferruccio e la paura per il futuro
«La nostra paura è che quando finiranno gli ammortizzatori, allora cominceranno i licenziamenti». Ferruccio Pellegrini lavora alla PF-Pressofusioni Fiorentine, una di quelle aziende che produce la minuteria metallica di cui sono fatti tanti accessori dell’alta moda. È l’unico terzista di Altofare, un gruppo italiano composto da undici aziende sparse in tutto il Centro Nord che si occupano principalmente della produzione di accessori per i grandi brand della moda. La Pressofusioni è l’azienda a monte della filiera, quella che tratta il prodotto grezzo, i semilavorati, compreso lo stampaggio a caldo dell’ottone. Nella sede a Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, occupa circa settanta persone. «Da settembre siamo in contratto di solidarietà – racconta Pellegrini tra un coro e l’altro – il lavoro negli ultimi tempi è calato dell’ottanta per cento e da quello che ci dicono a metà del prossimo anno non ci sarà alcuna ripresa. Per questo – conclude – come metalmeccanici – conclude – chiediamo di essere ascoltati».
Wincza oltre la cassa
«Mancano le commesse e siamo in cassa integrazione ma cerchiamo andare avanti, di non fermarci». Wincza Grzegorz lavora da dodici anni alla Tivoli Manufactoring, controllata dalla Tivoli Group, azienda attiva nella pelletteria che occupa un totale di circa 170 persone tra Scandicci e Campi Bisenzio, in provincia di Firenze. La Tivoli Manufactoring produce articoli in pelle per i grandi brand internazionali del lusso e come tante altre aziende del settore si ritrova oggi a corto di commesse, alle prese con una crisi senza precedenti. Nonostante le difficoltà durino da tempo, guardando avanti, Wincza Grzegorz vede però una piccola luce in fondo al tunnel. «Siamo in cassa integrazione da nove mesi, due giorni a settimana - racconta il lavoratore durante la manigfestazione - ma ci dicono che la produzione dovrebbe ricominciare seriamente a metà dell’anno prossimo. Per questo motivo prendiamo tutto quello che viene. La proprietà è fiduciosa - conclude Wincza - le commesse torneranno all'inizio del prossimo anno».