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Il burka non lo capisco, ma l’iniziativa della Uisp a Figline Valdarno serve a costruire ponti

di Enzo Brogi *

	Il caso dei corsi in piscina ha fatto discutere
Il caso dei corsi in piscina ha fatto discutere

Il dibattito sul corso in piscina per musulmane

21 ottobre 2024
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Era un grande edificio con l’ingresso neoclassico voluto dal podestà fascista che lo fece costruire. Due imponenti colonne in marmo di Carrara dividevano l’ingresso dei maschi con quello delle femmine, al centro i docenti. Era così la scuola elementare di Sarzana, quella che ho frequentato, ahimè molti anni fa. E anche alle medie classi divise tra maschi e femmine. Quella era la regola, una rigorosa divisione tra genere. E se magari vi erano ragazzi con difficoltà di apprendimento o qualche disabilità, si adottava ancora una nuova separazione con le odiose classi differenziate. Erano anche gli anni in cui le ragazze, se erano seguaci della stilista Mary Quant, non potevano entrare nelle cattedrali con le loro gonne corte, così come non erano ben accolti i ragazzi malvestiti e con i capelli lunghi, nonostante il giovine crocifisso non fosse molto diverso da loro, almeno nella iconografia ufficiale. Era questa la nostra cultura.

Ci volle il ’68 con tutte le sue conseguenze e contraddizioni per cominciare a scardinare retaggi e cambiare le cose. Mi sono ricordato proprio della mia esperienza scolastica quando ho letto le dichiarazioni di esponenti della destra leghista rimbombare contro la decisione della Uisp di promuovere, nella piscina comunale di Figline Valdarno, un corso per le donne musulmane, seguite da istruttrici anch’esse al femminile, ma pure aperto a qualunque altra donna. Quell’ora con accesso negato ai maschi ha fatto riemergere come venivamo educati.

«Razzismo alla rovescia!» hanno tuonato «Che butta via secoli di conquiste femminili. Che istituzionalizza l’apartheid e la segregazione femminile con una iniziativa anticostituzionale». L’opposto di ciò che penso io ed immagino abbiano pensato gli amministratori di quel Comune e quelli della Uisp. Avrebbero dovuto non accogliere questa richiesta? Per evitare quali nefaste conseguenze? Occorre aprirsi ad altre culture e religioni, se vogliamo favorire inserimento e integrazione. Una, cento, mille di queste esperienze aiuterebbero a far crescere il dialogo tra culture, religioni (chi le ha), etnie. Io continuo a non capire il burka, mi indigno nel vedere immagini di fidanzati in braghe al mare con le loro compagne accanto scafandrate. Io sto con Mahsa Amini, la ragazza di origini curde pestata a morte dalle Pattuglie dell’Orientamento di Teheran, per non aver indossato correttamente il velo e lasciato libera una ciocca di capelli, e con tutte quelle donne iraniane e non solo che si battono e manifestano al grido di “Donna, vita, libertà”. Ma se con un gesto c’è la voglia, la disponibilità a venirsi incontro, specie quando si vive in un mondo impazzito come quello attuale, ben vengano iniziative come questa. Che non tolgono niente a nessuna e nessuno, magari costruiscono ponti. Ne abbiamo tanto bisogno. Non è il punto di arrivo ma sono passi avanti. Serve tempo. Del resto, anche quelle colonne di marmo hanno impiegato molti anni a non frapporsi fra gli studenti di Sarzana.

(Qui l’articolo)

* Scrittore e attivista per i diritti

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