Il Tirreno

Toscana

La testimonianza

Patrizia, dall’incidente col tritacarne alla mano bionica: «Tornata alla vita, ma c’è tanta diffidenza»

di Carlo Bardini

	La mano bionica e Patrizia Iacoponi, vittima di un incidente nel 1995
La mano bionica e Patrizia Iacoponi, vittima di un incidente nel 1995

Campo Tizzoro, nel 1995 l’infortunio sul lavoro nel quale ha perso l’avambraccio: ora la battaglia con l’Anmil

14 ottobre 2024
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CAMPO TIZZORO. Quel «maledetto» giorno del 1995 ha segnato per sempre la sua vita. È successo quando un tritacarne le ha portato via l’avambraccio mentre stava lavorando. Da allora Patrizia Iacoponi, residente a Massa e Cozzile, in provincia di Pistoia, ha dovuto reimpostare la sua vita e fare i conti con una mutilazione che l’accompagnerà per sempre. Ma Patrizia è stata una donna forte, ha saputo reagire e ricostruirsi una vita. Dedicandosi anche, dal 1997, all’attività dell’Anmil (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) diventandone socia.

Ma per tornare a qualcosa che si avvicini alla vita prima dell’incidente ha testato diverse protesi. Fino all’ultima, che oggi indossa e le consente di muovere anche le dita. «Finalmente - spiega - grazie a questa protesi super tecnologica sono in grado di fare molte cose che in questi anni non ero in grado di fare. La tecnologia mi ha dato un aiuto prezioso». Il congegno si chiama “My Task”e l’impianto è avvenuto nel centro protesi Inail di Budrio, a pochi chilometri da Bologna.

Patrizia è in grado di indicare alla mano i movimenti che vuole fare grazie all’utilizzo del bluetooth e di una App nel suo cellulare: «Ho voluto che questa protesi - va avanti - non fosse uguale a nessun’altra. È nera e ci ho fatto disegnare un’aquila e un drago». Poi confessa. «Questo tipo di progresso ci aiuta, ma si tratta sempre di un corpo estraneo che non ti fa mai dimenticare l’incidente sul lavoro. E poi c’è ancora un po’di diffidenza, le persone ti guardano sempre in maniera diversa. Basta un gesto o uno sguardo».

La testimonianza di Patrizia è emersa nel corso della 74esima “Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro”, promossa dall’Anmil, che vede Alessandro Grassini, presidente regionale e presidente territoriale Pistoia, che si è svolta per la prima volta sulla montagna pistoiese a Campo Tizzoro. Un’occasione per parlare di questa piaga e inaugurare la panchina bianca, simbolo delle morti sul lavoro e realizzata con marmo di Carrara, posizionata vicino alla sede in cui è avvenuto il convegno. «Ogni anno sono oltre mille - spiega Grassini- le vittime del lavoro. E i nostri prossimi obiettivi sono creare una task-force che coinvolga tutto il quadro politico, per trovare una soluzione e azzerare le quattro morti al giorno che si registrano. Ognuno di noi deve avere la coscienza civica per denunciare situazioni nelle quali la sicurezza non è rispettata. Ed in secondo luogo cercare di fare rientrare anche i corpi militari e i vigili del fuoco sotto la copertura Inail». Ma cosa accade a chi come Patrizia è vittima di una menomazione? Hanno risposto due ricercatori della scuola Sant’Anna di Pisa: Marta Gherardini ed Enzo Mastinu che hanno illustrato, anche attraverso le immagini, i progressi fatti nel tempo e gli sviluppi fondamentali compiuti negli ultimi anni da questo tipo di ricerca scientifica. Patrizia, che li ha ascoltati, è l’esempio che una vita dopo il dramma è difficile, ma possibile.

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