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Meri Malucchi, la battaglia dell’ex pallavolista contro la malattia: «Alziamo il muro tutti insieme, il tumore non vincerà»

di Martina Trivigno

	Meri Malucchi con le ex pallavoliste Lucia Bini e Cristiana Bellagambi. A dx Malucchi durante un allenamento a Alberto Bettiol campione di ciclismo, con la maglia del Meri Team
Meri Malucchi con le ex pallavoliste Lucia Bini e Cristiana Bellagambi. A dx Malucchi durante un allenamento a Alberto Bettiol campione di ciclismo, con la maglia del Meri Team

L’allenatrice di volley in serie A, è in carrozzina. Ma ha creato un team di solidarietà: ha aderito anche l’olimpionica Carlotta Cambi

29 settembre 2024
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«Amo la vita in ogni sua forma. L’amo anche quando mi gira le spalle e mi prende a cazzotti. Ora lotto e tutti insieme alzeremo il muro. Il tumore non vincerà». In una foto Meri Malucchi, 57 anni, di Lamporecchio (Pistoia), ha al collo la medaglia d’oro vinta dalla campionessa olimpica Carlotta Cambi, di Montopoli. È al suo fianco con la maglietta di “Alziamo il muro” e Meri sorride nonostante il dolore, oltre la malattia. È seduta su quella sedia a rotelle che, negli ultimi mesi, è diventata un’inseparabile compagna di viaggio. Il suo corpo in parte non può più muoversi, ma le idee viaggiano, i pensieri corrono.

Lei, ex pallavolista con un passato anche in serie A1 e A2 e poi allenatrice, è scesa in campo tante volte, ma ora l’avversario è subdolo e temibile come non mai: un tumore al cervello, scoperto il 29 maggio scorso e operato il 26 luglio. «La malattia ha tolto moltissimo a me, donna sportiva e indipendente – racconta Malucchi – ma non voglio piangermi addosso. Anzi, voglio che tutto questo serva a qualcosa, soprattutto agli altri. Voglio infondere la speranza a chi sta soffrendo, proprio come me». Quella speranza che – racconta – le ha restituito il dottor Orazio Santonocito, alla guida della Neurochirurgia dell’ospedale di Livorno. «Sono viva grazie alla sua competenza e della sua equipe. Lo devo alla sua umanità se ho potuto prendere la difficile decisione di operarmi – racconta Malucchi – . Non ringrazio soltanto la mano del primario che ha guidato il bisturi così bene, ringrazio anche la sua anima, le sue belle parole, per me medicina come le cure che mi ha prescritto. Mi ha dato la chance di cui avevo bisogno e adesso me la giocherò. Fino all’ultimo».

È così – per spirito di solidarietà verso il prossimo – che è nato il “Meri team-Alziamo il muro” che, prima di tutto, è un’infusione di coraggio. Un progetto che abbraccia chiunque combatterà insieme a lei questa difficile battaglia. Fianco a fianco, proprio come in una vera squadra, rivolti verso un obiettivo comune: sconfiggere l’avversario. In poco tempo il mondo della pallavolo si è stretto intorno a lei, indossando quelle t-shirt bianche, nate da un’idea dell’amico Gianni Assirelli, dove si legge: “Alziamo il muro”. «Il nostro obiettivo è quello di renderla una realtà concreta, partendo proprio da quei palazzetti dello sport che sono per me una seconda casa e accompagnandola poi in tutta Italia insieme alla Lega Volley Femminile – sottolinea Malucchi – . Voglio che le persone che stanno combattendo con me capiscano che il vittimismo e la rassegnazione sono i primi giocatori del nostro avversario. La mia missione è quella di sensibilizzare le persone e aiutarle a cambiare atteggiamento verso la malattia e, al tempo stesso, far ottenere più risorse, umane ed economiche, a strutture come l’ospedale di Livorno, dove sono stata operata, e la Fondazione Turati di Gavinana, per la riabilitazione, che ci consentono di avere una chance, una vita. Un futuro».

L’esistenza di Meri Malucchi è cambiata per sempre il 1° giugno. Era felice perché tre mesi prima aveva firmato un contratto come direttrice tecnica della Volley Academy Toscana, nata dall’unione di sei importanti realtà della pallavolo regionale per un totale di 2mila atleti: Sales Volley Firenze, Asd Olimpia Po.Li.Ri Volley, Sancat Volley-Coverciano, Calenzano Volley, Polisportiva San Quirico e Valdarno Volley.

Quel giorno era a Pianosa per un fine settimana all’insegna del relax. All’improvviso, mentre cammina, la gamba sinistra si blocca. Da lì precipita nell’incubo. La corsa in elisoccorso all’ospedale di Livorno, gli accertamenti e quindi la diagnosi, terribile: tumore cerebrale dell’area motoria del cervello. Inizia le terapie, ma il cancro è aggressivo: perde l’uso della parte sinistra del corpo e la sedia a rotelle entra a far parte della sua quotidianità. Un giorno – è il 23 luglio – il dottor Santonocito la guarda negli occhi: «Meri, non abbiamo scelta: o ci operiamo o ci salutiamo presto. Le prometto che non comprometteremo ulteriormente la sua mobilità».

Il 26 luglio Meri Malucchi entra in sala operatoria. Si aggrappa alla vita, per lei e per la sua famiglia. Dopo alcune settimane inizia le terapie. «Il primo punto lo ha realizzato il dottor Santonocito con la sua squadra, adesso tocca a me e ai miei affetti più cari, la mia squadra, mantenere la battuta e vincere i set e poi la partita – racconta Malucchi – . Per questo sto realizzando questo progetto. All’inizio eravamo in pochi, poi tutti gli amici che mi sono venuti a trovare hanno voluto alzare il muro con me, in campo in questa difficile partita». Nel corso della sua lunga carriera come allenatrice in diverse realtà della pallavolo toscana (tra cui Savino Del Bene e Aglianese), Malucchi ha allenato per 11 anni la squadra del Montelupo. Ed è lì che ha conosciuto la madre di Carlotta Cambi, Mariagrazia Pieraccioni. «Carlotta aveva da poco vinto le Olimpiadi a Parigi con la Nazionale italiana di pallavolo – ricorda Malucchi – ed è venuta a farmi visita insieme alla madre alla Fondazione Turati di Gavinana, dove mi trovavo per la riabilitazione. A un certo punto il fisioterapista mi dice: “Ma quella è la medaglia d’oro”. Carlotta, con la sua semplicità, me l’aveva messa al collo ed io non me n’ero neppure accorta. È stato bello ».

Ora in tanti stanno aderendo al “Meri team”: anche Alberto Bettiol, campione di ciclismo di Castelfiorentino. E una cosa è certa: Meri non si arrenderà. Non l’ha mai fatto, continuando a lavorare. «Ho preso la caparbietà da mamma Lucia e l’empatia da mio padre Bruno (mancato nel 2013, ndr) – conclude – . So che c’è un avversario che vuole vincere, ma anch’io voglio vincere. Ho alzato il muro e ora schiaccerò nel campo avversario con tutta la forza che ho». Perché nella pallavolo il muro è la miglior difesa e allo stesso tempo il primo attacco. «Ed io lotterò fino all’ultimo punto», conclude Malucchi. Il sorriso sulle labbra, gli occhi pieni di determinazione.

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