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Toscana, convivere con le alluvioni è una realtà: ponti, auto e altri errori fatali da evitare

di Mario Neri
Toscana, convivere con le alluvioni è una realtà: ponti, auto e altri errori fatali da evitare

Il vademecum degli esperti per evitare che gli eventi estremi si trasformino in tragedia

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FIRENZE. «Prendi il bambino, io poi vi raggiungo». Elisabeth non fece neppure in tempo ad afferrargli la mano, lo guardò sparire nel fango. Non è ben chiaro cosa volesse fare Mark: aveva parcheggiato sul ponticello e gridato alla moglie di portare via il figlio. Il Satello da innocuo torrente in pochi minuti era diventato un gorgo gonfio di tronchi. Il piccolo di sei anni lo ritrovarono 8 chilometri più a valle. Il corpo del padre a due chilometri dal figlio, poco lontano dalla carcassa dell’auto. L’onda aveva spazzato via anche quella, e con quella la vita dei Link.

Errore capitale

A leggere i vademecum della Protezione civile, i turisti svizzeri morti a Massa Marittima il 7 ottobre 2013 hanno compiuto l’errore capitale che chiunque possa fare durante un’alluvione. Il nubifragio li sorprese al ristorante. Uscirono e salirono in macchina mentre la piena stava montando. «Tutti gli studi dimostrano che la maggior parte delle vittime dei disastri idrogeologici si registra in macchina, l’auto è una trappola mortale», dice Giovanni Massini, direttore del dipartimento di Protezione civile della Regione Toscana. «Solo dopo, e con minor frequenza, si calcolano vittime rimaste annegate in cantine, garage o seminterrati». È una delle regole base di comportamento.

Il vademecum

E Massini sostiene che «manchi ancora alla collettività toscana la presa di coscienza del fatto che eventi come quelli che hanno colpito Montecatini Val di Cecina o Castagneto qualche giorno fa ci sono e ci saranno ancora, ma possiamo gestirli, non tanto con fantomatici interventi salvifici, ma comprendendo la differenza fra previsione meteo e allerta». Fra la prima e la seconda c’è una differenza sostanziale: l’azione che i cittadini possono svolgere «per salvarsi la vita». La Protezione civile ha tracciato un vademecum di pochi punti. Ci ricordano che durante un’allerta ognuno di noi dovrebbe conoscere quali sono le alluvioni tipiche del proprio territorio, che l’acqua può salire improvvisamente, anche di uno o due metri in pochi minuti.

Durante un’allerta

Per quanto possano sembrare banali, se si contano i morti di un nubifragio, significa che le contromisure da attuare nell’emergenza sono state ignorate. Oggi sulla Toscana è stata diramata una nuova allerta gialla per vento e temporali. Ecco, la prima cosa da fare nei territori coinvolti sarebbe tenersi aggiornati sull’evoluzione della crisi, non dormire o soggiornare ai piani seminterrati, se ci si deve spostare valutare le zone allagabili, verificare che la scuola dei figli sia informata dell’allerta.

Durante l’alluvione

Ma è nel pieno del nubifragio che si deve fare attenzione. Se si è al chiuso, mai scendere in cantine, seminterrati o garage; «non uscire assolutamente per mettere al sicuro l’auto», scrive la Protezione civile. Se ci sono, salire ai piani superiori ed evitare l’ascensore, perché i cortocircuiti possono bloccarlo, chiudere gas e disattivare impianti elettrici. Fra le cose da fare all’aperto, allontanarsi dalla zona allagata perché per la velocità con cui scorre l’acqua, anche pochi centimetri potrebbero farci cadere; poi raggiungere l’area più vicina elevata, evitare sottopassi, argini e ponti; e «non utilizzare l’automobile», anche «30 centimetri d’acqua potrebbero far perdere il controllo del veicolo, sollevarlo e trascinarlo via, farlo diventare una trappola. Dobbiamo sacrificarlo, come gli oggetti custoditi in cantina o garage», dice Stefano Pagliara, docente ordinario di ingegneria idraulica esperto di protezione civile.

Previsioni impossibili

Secondo il prof non esiste al mondo «una tecnologia capace di prevedere localizzazione e momento esatto in cui si scaricherà a terra un temporale come quello che ha colpito la Val di Cecina», perché «si tratta di celle temporalesche di pochi chilometri di diametro il cui innesco è determinato da troppe variabili che oggi nessun modello può calcolare». I modelli esistenti «consentono di prevedere con giorni di anticipo piene come quelle dell’alluvione del ’66 – dice Massini –, ma non ciò che si è scatenato a Castagneto, dove sono caduti 221 millimetri di pioggia in due ore, mentre a Venturina i pluviometri non ne segnavano nemmeno cinque». Dunque, no, non è il sistema di allerte ad essere sballato.

Comunicare l’emergenza

«Un’allerta gialla segnala la possibilità che si verifichi un evento di intensità estrema in un territorio limitato – spiega Massini – è questa la differenza con l’arancione e la rossa: la probabilità e l’estensione del territorio che può esserne soggetto. Ieri un cittadino ha chiamato in segreteria. “C’è l’allerta gialla e non è piovuto niente”, ha detto. Il 95% della popolazione toscana direbbe la stessa cosa. Ma denota che ancora non si è capito cosa significa allerta. Per questo stiamo chiedendo ai Comuni di dedicarsi alla comunicazione dei piani di emergenza. È molto improbabile che un cittadino legga 400 pagine di piano, mentre un post ben fatto sui social può salvargli la vita».


 

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