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Elly e Piombino, l’abbraccio di Orlandina e quelle radici nella Toscana antifascista

di Mario Neri

	Elly Schlein durante la visita del 28 gennaio 202
Elly Schlein durante la visita del 28 gennaio 202

Schlein si racconta ne “L’imprevista”: gli inizi del suo impegno e la scalata al Pd

14 settembre 2024
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«La signora Orlandina, che non ha certo l’agilità della centometrista, insegue la segretaria con una determinazione d’altri tempi lungo il corso di Piombino: quando è vicina la placca, si gira di scatto e si mette in posa per il marito, arrivato nel frattempo ansimando con la macchinetta fotografica. Alla domanda su cosa le piaccia di Elly Schlein tanto da farla correre per strada a quasi ottant’anni, fornisce una risposta spiazzante: “Mi piace come parla”».

Nessuno l’ha vista arrivare, ha scompigliato i calcoli fatti a tavolino dai big del partito, ribaltato i pronostici e perfino la narrazione fra fuori e dentro, fra palazzo e piazza. Per un po’ di tempo c’è stato addirittura un gusto un po’ snob di politici e giornalisti di tratteggiarla come una dall’eloquio complicato, al limite della supercazzola, una studentessa mai uscita dalla stanza del collettivo, tutta fuffa e massimi sistemi. A leggere L’imprevista (Feltrinelli), il libro nato dal dialogo fra la segretaria del Pd e Susanna Turco, giornalista de l’Espresso, si capisce che anche quello storytelling su Elly Schlein era una previsione sbagliata. L’Orlandina è una delle militanti “ritrovate”, una della base che aveva avvertito la frattura renziana e con cui lei ha saputo «ricucire», una dei tanti elettori imprevisti che hanno sovvertito il voto degli iscritti, il popolo smarrito che la leader del Nazareno incontra dalla vittoria alle primarie passando per le politiche e poi per il successo delle Europee, e la sua spontaneità è emblematica di come la base della sinistra percepisca la ragazza con l’eskimo in modo opposto a come spesso viene descritta.

In fondo con questo libro, per la prima volta Schlein racconta la sua storia umana e politica: l’infanzia, l’università, la chiamata all’impegno, le rotture, le scelte. E lo fa in un dialogo lungo migliaia di chilometri che è anche un viaggio in Italia. In questo viaggio c’è anche un po’ di Toscana, la Piombino ex operaia che affronta ancora la crisi dell’acciaio e spera in un futuro diverso e un pezzo di biografia personale, con radici in questa regione.

È proprio a Piombino che emerge lo scarto fra palazzo e piazza. «Le signore Laura e Letizia – si legge nel testo –, quando poco dopo vedono la segretaria salire su un panchetto di legno prestato dall’alimentari Rosa, per farsi sentire meglio al comizio di piazza Gramsci, sgranano gli occhi. “Uddio, come è giovane”. “Qualcuno dice che ha un linguaggio complicato? Ma no, non mi sembra”, dicono rispondendo gentilmente a una domanda che a loro pare astrusa». Insomma, se appare contestata e osteggiata nei palazzi del potere e perfino nel partito, fuori, nelle piazze è «incoraggiata, abbracciata, brancata, quasi a volerle affidare il miracolo innominabile di far risorgere la sinistra».

È il 28 gennaio 2024. Piombino è una delle tappe di “lotta” per Elly, un ex porto rosso ora nelle mani di una giunta di destra. È passata dall’Ilva di Genova, è stata alla Fincantieri di Castellammare di Stabia ed è appena arrivata nel porto sul Tirreno. Un tour nelle fabbriche, come il Pd non faceva da tempo. Perché «troppe volte il Pd è stato poco chiaro sul ruolo dell’industria in questo Paese», le fa notare un operaio. E lei rassicura: «tutto quello che il Partito democratico sarà in grado di fare per dare una mano lo farà, lo dico come segretaria del partito, con la volontà oggi di ricucire un rapporto che si è fratturato in questi anni». Tanto che a Piombino, racconta “L’imprevista”, «la “segretaria generale” – così l’ha chiamata un delegato Fiom – invece di procedere con il suo intervento, ha fatto una specie di intervista collettiva, abbastanza insolita: quaranta minuti di domande per capire gli aspetti più ambivalenti della vicenda, tra memorandum non firmati e cassa integrazione, rischio di deriva greca, questioni di rotaie e macchinari, progressivo spopolamento della città».

In questa autobiografia in cammino, Schlein svela di non essersi neppure mai immaginata come front runner, ma di aver maturato la voglia di cambiare l’Italia e il partito negli anni, a cominciare dall’università e poi attraverso l’esperienza all’estero, come quella trascorsa da volontaria nel comitato di Obama nella campagna per le presidenziali Usa nel 2008 e poi con Occupy Pd.

Così si susseguono aneddoti simbolo, come quando i capetti della Sinistra universitaria provarono a bloccarla a Bologna, lei che chiedeva che il rappresentante degli studenti venisse scelto in una elezione larga e invece volevano decidere in pochi, in un “caminetto” di pochi capibastone, quasi fosse la metafora del Pd e delle correnti. Giura di aver sempre sognato un partito che facesse battaglie su sanità, lavoro, diritti, ambiente, «all’altezza delle aspettative della sua gente». Racconta che «cercava casa» e nel Pd «sentivamo di non avere pienamente casa». Per questo è arrivata la scalata delle primarie, per «cambiare questo Paese», «altrimenti non avrei fatto la scelta un po’ controcorrente che ho fatto, nata italiana in un altro Paese, di venire qui a costruire il mio futuro».

Nata in Svizzera, vissuta a Bologna e in America, figlia dell’Europa e cittadina del mondo, Elly ha nel sangue anche un po’ di Toscana. Il padre Melvin è nato e cresciuto nel New Jersey, figlio di due ebrei emigrati negli Stati Uniti agli inizi del secolo scorso. La nonna paterna, Ethel, era originaria della Lituania, il nonno Herschel, poi diventato Harry, veniva invece da Zółkiew, una cittadina vicino a Leopoli, oggi Ucraina. La mamma di Elly, Maria Paola Viviani, è invece di Siena. Famiglia borghese, numerosa, molto cattolica. Unica eccezione, il padre, nonno materno di Elly, Agostino Viviani. Laico e socialista, unico non iscritto al Guf, antifascista, poi «membro di Giustizia e Libertà, scampato per un soffio all’ordine di cattura del fascista Tribunale speciale per la difesa dello Stato, sarà negli anni settanta deputato del Psi, poi radicale. “Mio nonno amava sostenere anche le cause più difficili, che altri direbbero perse”». Amava l’imprevisto. Come Elly.


 

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