Il Tirreno

Toscana

L'analisi

In Toscana 6mila posti di lavoro a rischio nel settore auto: i numeri e le cause della crisi

di Ilenia Reali
In Toscana il settore auto è in crisi
In Toscana il settore auto è in crisi

Alcune aziende dell’indotto sono in difficoltà. I sindacati: «Ora la politica batta un colpo»

08 settembre 2024
4 MINUTI DI LETTURA





«Non si può continuare così. Siamo allarmati. In Toscana a rischio ci sono 6.000 posti di lavoro, tra quelli diretti e quelli dell’indotto comunque collegato all’automotive». Il passaggio dalle auto a combustione a quelle elettriche sta spazzando via numerose professionalità e aziende che non sono previste (e necessarie) per la realizzazione delle nuove auto. Il conto alla rovescia sembra cominciato ma al momento non c’è un allarme sociale come la situazione richiederebbe.

L'allarme

Daniele Calosi, segretario della Fiom regionale, sindacalista che ha seguito fin dall’inizio la crisi della Gkn, non si nasconde dietro a un dito. I numeri, del resto, sono inclementi perché, dice, «automotive non significa solo metalmeccanico. E sono altri i settori che si tira dietro nella nostra regione». «In Toscana – aggiunge – sta accadendo quello che succede anche nel resto del Paese e dell’Europa. Una trasformazione radicale della produzione delle auto, aggravata da un governo che ancora non ha ritenuto di convocare un tavolo per parlare del futuro di un settore strategico per il nostro Paese. Non si è mai parlato dell’impatto che la transizione energetica avrebbe avuto sulle nostre industrie. Niente. Come se l’argomento non esistesse e non riguardasse migliaia e migliia di lavoratori in Italia, seimila solo da noi». Del resto passare «dalla combustione all’elettrico» non è solo un concetto teorico ma è la trasformazione pratica di un intero indotto. «Significa preparare le linee di montaggio, di un sistema che va dalla componentistica ai motori che si deve trasformare con impatti notevoli. Solo Stellantis ha calato la produzioni, in sei mesi, del 29%. Poi c’è la crisi della Volkswagen e tutto si ripercuote anche sulle nostre aziende toscane. Eravamo una delle maggiori regioni italiane che lavoravano nell’automotive. Già dal 2000 abbiamo perso molte aziende. A Pisa, ad esempio, c’è la Dumarey che fa iniettori per motori a combustione e sta investendo su iniettori a idrogeno. Mi domando: prima delle auto a idrogeno, ci sarà un impatto? E sto parlando di un’azienda che investe. Non credo però che la domanda debba farsela solo il sindacato, ma anche la politica».

Crisi aperte

In alcuni casi invece le crisi sono già aperte. «In Toscana – aggiunge il sindacalista Fiom – c’è la Magna, in cui lavorano 500 persone, che fa serrature per automobili che sembra aprirà uno stabilimento gemello in Macedonia; c’è la Pierburg che fa le pompe e ci lavorano 340 persone e che già sono a un terzo della potenzialità produttiva. L’impatto della transizione c’è già ora: immaginiamo che cosa accadrà se nessuno interviene». Il caso Gkn del resto insegna molto, lì fu chiuso lo stabilimento fiorentino per produrre altrove, dalla mattina alla sera. «Non essere intervenuti sulle politiche industriali per un settore al centro della transizione energetica – aggiunge Calosi – ha avuto un impatto enorme. Di fronte a una crisi conclamata è necessario intervenire subito. Io credo che i tempi siano molto ristretti, la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro». A novembre la Fiom chiederà un incontro alle istituzioni locali e alla Regione per affrontare il tema dell’industria del futuro in Toscana. «Parleremo anche dell’automotive, della camperistica che dopo un periodo buono, post Covid, ora vive una nuova crisi e che con la transizione energetica rischia molto. I camper, con il passaggio all’elettrico, potrebbero non essere più guidati con la patente B. Già i contratti a termine non sono stati rinnovati in attesa di capire che cosa accadrà».

Posti a rischio

Quando Calosi calcola i posti a rischio non ha considerato le due ruote. «Non posso inserirli nel conteggio – dice – perché c’è tutto un tema legato alla stagionalità ma alla Piaggio, ad esempio, adesso hanno ripreso a fare la cassa integrazione». Intanto la Fiom nazionale ha già chiesto a Palazzo Chigi un incontro per capire che cosa accadrà e quali saranno i rapporti che si intende tenere con Stellantis. «Non credo si possa accettare – conclude Calosi – che non sia stato ancora presentato un piano industriale che serva a salvare gli stabilimenti e l’indotto collegato, mentre si sta andando verso un disastro industriale del settore. Lo ripeto: non credo si possa continuare a osservare senza fare nulla».

Primo piano
Il ritratto

Trovato morto in un dirupo: chi era il pistoiese Alessandro Niccolai e la gita con l’amico prima di sparire nel bosco

di Tiziana Gori e Luca Tronchetti
Sportello legale