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L’analisi

Strage di Paderno, la psichiatra: il “social camouflaging” e cosa non devono sottovalutare i genitori


	Liliana Dell’Osso
Liliana Dell’Osso

Così si esprime il disagio relazionale, nonché il timore di non riuscire a soddisfare le aspettative degli altri

03 settembre 2024
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Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria, interviene sulla strage di Paderno Dugnano.


Davanti a eventi come l’omicidio, da parte di un diciassettenne di Paderno Dugnano, dei genitori e del fratellino, il sentimento più comune è quello dell’incredulità, soprattutto dove non si riscontra un’apparente causa scatenante. Un altro degli aspetti che generano inquietudine è l’apparente assenza di campanelli d’allarme nella storia del ragazzo, descritto da chi lo conosce come una figura tranquilla senza particolari aspetti di criticità – anche se sono elementi che dovranno essere rivalutati dopo aver raccolto informazioni più approfondite.

Viene riferito però che, a dispetto della sua immagine, c’era un senso di mancata appartenenza, di solitudine, di difficoltà a integrarsi. Questo potrebbe aver condotto alla costruzione di una maschera sociale per interagire con gli altri, che nascondesse le proprie difficoltà di relazione e il proprio disagio. Si tratta di una modalità di “coping” verso il disagio relazionale, nonché verso il timore di non riuscire a soddisfare le aspettative degli altri, piuttosto comune nelle persone con preoccupazioni circa il giudizio, nota come “social camouflaging”. Può iniziare a seguito di microtraumi o rifiuti in ambito relazionale, che ci hanno fatto percepire in qualche modo inadeguati al contesto. Accorgendosi di non essere socialmente efficace, o integrato, come vorrebbe, l’individuo può iniziare a compiere sforzi per camuffare la propria personalità in diversi modi. Si può iniziare dall’infanzia, imitando il comportamento del compagno di classe più efficace, e poi pian piano studiare, anche programmaticamente, strategie più complesse: osservando e apprendendo le modalità di interazione sociale mostrate nei social nei media, imparando copioni, argomenti di conversazione, adattando gestica e mimica a quella dell’interlocutore.

Col passare del tempo, verrà costruita una maschera sociale, un’identità contraffatta da usare nelle relazioni che occulta completamente quella reale. È tipico che la persona, anche quando l’uso della maschera risulti efficace per i propri obiettivi, si senta costantemente estenuata dal dover fingere in ogni occasione, con aumento dei livelli di ansia e depressione, a fronte di una riduzione della stima di sé e difficoltà a costruire la propria identità personale. Sono molte le forme di disagio psichico alla base delle strategie di camouflaging, a partire dall’ansia sociale, in cui prevale l’insicurezza e l’autosvalutazione, alle difficoltà empatiche fino ai tratti narcisistici di personalità, che fanno sì che il soggetto cerchi l’apprezzamento altrui per non vedere disconfermata l’idea grandiosa che ha di se stesso, spesso mettendo in atto atteggiamenti manipolativi.

Non possiamo sapere quali fattori siano entrati in gioco in questo particolare caso. Certamente possiamo sottolineare come sia opportuno evitare il moltiplicarsi di giudizi non informati sui social, che rischiano solo di attribuire altre etichette inadeguate a una situazione complessa che nessuno può dire di conoscere.

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