Il Tirreno

Toscana

L’omaggio

Kristjan Asllani e Buti: i palleggi sotto l'ombrello, i luoghi indimenticabili e la trattoria del cuore

di Francesco Paletti

	Kristjan Asllani a Buti
Kristjan Asllani a Buti

Il campione dell’Inter torna nel paese che l’ha cresciuto: «Amo questa piazza». L’affetto della gente: «A forza di far danni con quel pallone è diventato una star»

14 luglio 2024
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BUTI. Nei giorni di pioggia, quando qualche nuvolone grigio si abbassa fin quasi ad “abbracciare” il borgo di Buti, lì in piazza Garibaldi, qualche anno fa, in tanti hanno visto un ombrello palleggiare. «A guardarlo dall'alto, dalla terrazza, sembrava così: il manico in una mano e il pallone sempre incollato ai piedi, avrà avuto poco più di tre anni», ride Patrizia Dini, butese doc, una vita nel Pci prima e nel Pds poi, in pensione dalla politica ormai da quasi vent'anni. Se lo ricorda bene anche lei Kristjan Asllani, il butese d'Albania, il bimbo che in quella piazza ha praticamente cominciato a muovere i primi passi dato che quando è arrivato non aveva ancora compiuto due anni. Se lo ricordano tutti a Buti.

Aveva l’argento vivo addosso

«Ora gli fanno tutti i complimenti e se li merita, ma bisogna essere sinceri: aveva l'argento vivo addosso e con quel pallone ha fatto anche qualche danno», scherza un'altra signora.

Lì, in piazza Garibaldi è tornato due sere fa, stavolta da campione d'Italia con l'Inter e da fuoriclasse della Nazionale albanese. Perché Buti, il suo paese, ha deciso di dedicargli una festa. Sì, l'ha organizzata l'amministrazione comunale e l'ha voluta la sindaca Arianna Buti, ma è la festa di tutta una comunità che si è ritrovata in piazza per abbracciare il “suo” campione. Centinaia di persone: i bimbi in estasi, quasi tutti indosso una maglietta di Asllani, poco importa che sia dell'Inter, dell'Empoli o dell'Albania. Le ragazze con gli occhi languidi. Quelli degli anziani, invece, sono lucidi. Per nascondere la commozione si aiutano con l'ironia e la toscanità: «Guardalo lì, a forza di spaccarmi i bicchieri e i posacenere sui tavolini, è diventata una star», ride uno di loro seduto su una panchina. E con il dorso della mano si strofina un occhio, come per asciugare qualcosa. «Hanno detto davvero che spaccavo i bicchieri? Hanno ragione», ride Asllani.

Bisogna aspettare quasi mezzanotte e mezzo per poterci parlare. Anche se la festa, formalmente, è finita poco prima delle undici, dopo lo scambio di doni con la prima cittadina: lei gli ha consegnato l'aquila d'oro, simbolo del Comune, lui la maglia numero 21 dell'Inter. «Non è per me, ma è per tutta Buti – dice la sindaca –: la incorniceremo e la terremo esposta in municipio». Dopo, però, è il momento degli autografi e delle fotografie: «State tranquilli, li farò alla fine e non mi dimenticherò di nessuno». È anche elegantissimo, Asllani: completo blu e camicia bianca. Non importa se afa e umidità a metà luglio si fanno sentire anche sulle pendici del Monte Pisano: vestirsi bene è anche una forma di rispetto e riconoscenza per la “sua” gente che è venuta ad abbracciarlo.

«Qui mi vogliono bene»

«Mi scusi se l'ho fatta attendere così a lungo, sapevo che i butesi mi vogliono bene, ma non immaginavo così tanto: mi hanno commosso e stupito», dice. E poi precisa: «Sono tutto per lei adesso, ma non posso parlare né dell'Inter, né della Nazionale. Però se vuol sapere di Buti, possiamo stare qui fino all'alba», sorride, anche lui con gli occhi lucidi. Magari ripensando a quella prima casa in via dei Limoni, contrada della Pievania. È lì che babbo Gentjan, arrivato qualche anno prima con i gommoni, ha riunito la sua famiglia, facendo giungere da Elbasan (città dell'entroterra albanese) la moglie Thellenze e il piccolo Kristjan. È sempre lì che è nato anche il fratello Leonardo. Poco più di 500 metri da Piazza Garibaldi: «Il luogo di Buti che amo di più? Forse proprio questa piazza, ma devo dirlo a bassa voce – sorride – perché è vero, qua ho fatto davvero qualche danno con il pallone. E poi il campo sportivo della Polisportiva Butese, il primo in cui ho giocato».

Tutto è partito da lì, a cinque anni. Una sola stagione perché poi lo chiama il Tau Calcio di Altopascio e subito dopo, a sette anni appena compiuti, l'Empoli. Dove rimarrà fino all'approdo all'Inter, la squadra per tifava da bambino.

Dall’Empoli all’Inter

«Posi una sola condizione al mio trasferimento a Milano – ha ricordato sul palco –: di poter andare con la mia famiglia, non mi sarei mai separato da loro». E nemmeno da Buti, anche se gli Asllani non vivono più in via dei Limoni. Si sono spostati di una manciata di chilometri, giù a Cascine. «Buti per me è casa, non saprei spiegarglielo diversamente: vuol sapere dove sono andato subito dopo l'Europeo? Qui. Poi sì, una settimana in Grecia al mare, ma sono tornato di nuovo e ci resterò fino al 18, quando mi presenterò in ritiro. Penso non debba aggiungere altro».

Quella di Asllani è sì la storia di un talento («Impressionante vederlo calciare indistintamente con entrambi i piedi già a sei anni», ha ricordato Pratali, in A con Empoli e Torino, pure lui butese doc). Ma anche di una famiglia, unita e compatta, anche nelle avversità: «Gente semplice ma seria e perbene: il babbo lavorava in una ditta che faceva manutenzioni stradali, la mamma in un'azienda dolciaria di Vicopisano. E lui era sempre qui in giro», ricorda Alberto Gennai, per tutti a Buti “Paccì”. Si chiama così anche la sua trattoria. Dentro, incorniciata a una parete c'è una maglia di Asllani, di quando giocava ad Empoli, con una dedica speciale: “Alla trattoria dove sono cresciuto, con affetto e grande amicizia”. È la maglia con cui ha esordito in Serie A. «Io, Dimitri Leone e Stefano Gozzoli siamo stati i primi amici di suo babbo qui a Buti: la sua famiglia era di casa in trattoria. Lo è ancora, a dire il vero: Kristjan viene spessissimo. Cosa mangia? Ora soprattutto carne bianca e insalata, perché è un atleta – ride –. Però da bambino andava pazzo per gli stringozzi al ragù di cinta».

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