Marcucci: «La Darsena Europa confermerebbe Livorno a livello internazionale»
A tu per tu con l’ex presidente dell’Autorità Portuale di Livorno e massimo esponente di Assologistica e Confetra: dai traffici alla Darsena Europa, passando per i cambiamenti della portualità
LIVORNO. Nereo Marcucci, delegato per le infrastrutture di Confindustria Toscana Centro e Costa, è stato anche presidente di Assologistica e di Confetra, la Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica, e uno storico presidente dell’Autorità Portuale. A chi chiedere, se non a lui, di fare il punto sull’attuale situazione dello scalo marittimo livornese e della portualità in generale?
Come vede l’attuale momento del porto di Livorno?
«Nel febbraio scorso, Il Sole 24ore titolava, riferendosi ai consuntivi 2023, “porti italiani in caduta, calano le merci in 14 Autority su 16”. I pochi dati disponibili per i primi mesi dell’anno, riferiti al numero di navi che hanno scalato i nostri porti, confermano una tendenza negativa, che vale anche per Livorno. Non credo che siano state navi più grandi o più cariche. Inoltre, le compagnie di navigazione hanno aggiunto un 25% di stiva dovendo circumnavigare l’Africa a causa della crisi del Mar Rosso. Il Presidente dell’Associazione delle Autorità Portuali Europee – considerato da tutti uno tra i maggiori esperti a livello internazionale, il 22 maggio ha dichiarato che ci troviamo in un periodo difficile, che andrà avanti per tanti anni. Sono in corso cambiamenti radicali nelle catene del valore e delle produzioni. L’esempio più eclatante: il Messico ha superato la Cina nelle esportazioni verso gli Stati Uniti. Covid e guerre hanno accentuato processi che erano già in corso. Paesi e Regioni particolarmente coinvolte nell’import/export dovranno valutare spostamenti importanti delle produzioni e degli approvvigionamenti, attivare politiche industriali che rilancino le produzioni manifatturiere, completare gli assetti infrastrutturali fisici e immateriali, diversificare il ruolo dei porti. Livorno ovviamente non fa eccezione: l’Autorità di Sistema Portuale si è impegnata a rilevare i dati dei traffici con maggiore frequenza e a sostenere gli operatori nella ricerca di nuove opportunità ed a proseguire nella realizzazione di alcune infrastrutture prioritarie».
Quali sono, secondo lei, le prospettive del porto di Livorno, proprio in funzione della Darsena Europa?
«Darsena Europa ci confermerebbe nel range dei porti per la movimentazione dei contenitori che hanno uno standing internazionale rilevante. Nel 1980 Livorno con i suoi 406.812 teu era il numero uno nel Mediterraneo. Per realizzare l’enorme terminal occorrono però alcuni anni e, come ha dichiarato il Presidente dell’AdSP Guerrieri, ulteriori risorse economiche a mutuo e il finanziamento statale dei collegamenti ferroviari che recentemente e pubblicamente il viceministro Rixi ha quantificato in oltre 700 milioni di euro. A questo proposito, rilevo che il CIPESS, il 29 Maggio scorso, ha approvato nell’ambito dell’aggiornamento del Contratto tra Ministero e RFI ,7,6 miliardi di nuovi investimenti tra i quali 1.234 milioni di risorse vincolate e 400 di risorse non vincolate per il Terzo valico di Genova. Mentre apprezzo due interventi per la Toscana: i 56 milioni della Pistoia-Lucca ed i 27 della Empoli-Siena, non rilevo alcun nuovo appostamento, magari parziale, per i collegamenti ferroviari di Livorno. Credevo di aver capito, sempre dal viceministro, che la questione dello stato di avanzamento che aveva determinato la cancellazione dei primi 311 milioni già appostati, fosse superata. Tutto ciò premesso, punterei con decisione alla realizzazione di un pugno di opere che l’Autorità ha condiviso, e alle quali sta lavorando, che rappresenterebbero uno step realistico verso la futura Darsena Europa».
Fino a che punto il porto labronico può risentire della situazione internazionale?
«Recentemente l’IRPET, l’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana, si è interrogato circa la dimensione strutturale o congiunturale di alcuni scricchiolii che si avvertono nella struttura economica tradizionale della nostra Regione. Analoghe preoccupazioni è possibile rilevare per alcune regioni vicine che rappresentano la catchment area principale del nostro porto. Tra le diverse ragioni della fusione tra la Confindustria della costa e quella fiorentina c’è anche quella di affrontare il se ed il come manifattura e logistica possono dare una mano per ridurre quelle preoccupazioni. Il futuro del porto, o per meglio dire “dei porti”, salvo l’eccezione di quelli così detti “ascellari” cioè Genova e Trieste che godono di importanti rendite di posizione e di relazione, dipende da quanto nelle loro aree di influenza si consoliderà la manifattura e quindi beni intermedi in import e finali in export».
Com’è cambiata la portualità negli ultimi dieci anni? Cosa prevede per il futuro?
«Tra i tanti cambiamenti il più radicale ed impattante è rappresentato dalle integrazioni, prima orizzontale tra compagnie di navigazione e poi verticale dell’intera supply chain, soprattutto nel segmento contenitori. La conseguenza è che i traffici commerciali a mare ed a terra hanno pochi dominus che sono in grado di decidere tutto e molto di più delle Istituzioni. E’ vero che assistiamo a fenomeni di concentrazione in quasi tutti i settori produttivi e nei servizi. Il tempo ci dirà se tutto ciò, in generale e nei porti, sia socialmente sostenibile».