Esiste una Vespa-cannone (e può spazzare via un carro armato): il più grande restauratore è ora a Pontedera
Cosa sono, quanti modelli furono prodotti e in che guerre fu impiegata. Didier Bailly possiede anche il primo modello di Vespa venduto in Belgio che vale...
PONTEDERA. C’è una Vespa che risponde ai sogni bellicosi che nascono nella mente di chiunque sia rimasto bloccato nel traffico per ore: aprirsi la strada a cannonate. Vi vediamo che vi dissociate, fate “no, no” con la testa, ma anche ammesso che siate tra le poche o pochi guidatori capaci di controllare i nervi, quella della Vespa-cannone non è una battuta. Fu commissionata dalla Francia quando si difese durante la guerra di liberazione anti-coloniale in Indocina negli anni’50. L'Armée de terre, la forza armata principale dell’esercito francese, aveva bisogno di un mezzo agile per trasportare l’artiglieria anticarro e che fosse paracadutabile. E gli ingegneri della Vespa risposero “presente” con il modello Vespa 150 Tap (Truppe Aero Paracadutate): livrea desertica o verdone, sella per trasportare due soldati, dotazione di un cannone M20 da 75mm senza rinculo, sei colpi armati con esplosivo, irrobustimenti alla struttura per renderla resistente ai lanci col paracadute.
La 150 Tap funzionava come un treppiede per il cannone: bisognava metterla su cavalletto, piazzare il cannone e poi sparare. In Indocina i francesi furono sconfitti, ma la Vespa-cannone ebbe maggior successo durante la guerra d’Algeria. Sebbene il deserto costringesse ogni tanto i piloti a smontare e spingere a mano la Vespa per liberare le ruote impantanate nella sabbia.
Ne furono prodotti circa 600 esemplari e uno dei più famosi restauratori di questi mezzi, Didier Bailly, un omone belga di assoluta cordialità, si trova in questi giorni a Pontedera per i Vespa World Days.
I baffi a manubrio che porta, abbinati al caschetto con occhialoni gli conferiscono un aspetto da ufficiale della Grande Guerra. E’ il presidente del Vespa Club di Fagnes Couvìn e con il fratello Thomas hanno un’officina dove rimettono in sesto i modelli più antichi del mitico scooter Piaggio. Con un occhio di riguardo, e un’esperienza rodata in tanti anni, per le Tap 150 impiegate durante la Guerra d’Algeria.
Didier è arrivato a Pontedera a bordo della prima Vespa mai venduta in Belgio. «E’ un modello del 1947, la trovai diversi anni fa in un garage, chiusa da un muro. Me la segnalarono ma inizialmente non se ne fece nulla, anche se provai a comprarla. Otto anni dopo mi contattarono: “Sei ancora interessato?”. Non c’era bisogno di dirlo. E la comprai. Era rimasta dietro un muro, dimenticata, se non lo avessero eliminato sarebbe rimasta lì». E sarebbe stato un peccato, perché questo scooter ha una storia incredibile.
Didier indica la targa: “Ho fatto delle ricerche in archivio, è stata la prima a essere immatricolata in Belgio. E ho scoperto anche che fu il primo modello a essere destinato all’esportazione nel mio paese dalla Piaggio”. E aggiunge: «Mi hanno offerto fino a 150mila euro per venderla». Per dare un’idea del comprensibile orgoglio di Didier Bailly: immaginate che cosa significherebbe avere nel proprio garage la prima Vespa prodotta per il mercato italiano.
«Io ho comprato la mia prima Vespa quando avevo 30 anni, è una passione da sempre per me». E anche questa è con i Bailly a Pontedera. La guida il fratello Thomas. Insieme sono una coppia formidabile, che pare teletrasportata dagli anni ’50 ai nostri tempi. Anche le tute che indossano contribuiscono a questo effetto di straniamento temporale. «Sono le tute ufficiali dei meccanici Piaggio degli anni ’50, sono state rifatte di recente ma sono identiche in ogni dettaglio», gongola Didier con il piacere che sa provare solo il collezionista autentico.
Gli esemplari di Vespa Tap 150 che rimettono a posto i due fratelli sul mercato possono arrivare a costare 40mila euro. I cannoni che avevano in dotazione erano in grado di perforare le corazze dei carri fino a 100mm di spessore. «Si tratta di modelli basati sulla 150 ma che hanno delle caratteristiche proprie che vanno rispettate. La cosa importante è essere fedeli alle loro peculiarità, a partire dai colori d’epoca», spiegano i fratelli.