Il Tirreno

La serie

M – Il Figlio del Secolo, gli episodi in onda in tv e i legami tra la Toscana e il fascismo

di Stefano Adami
Un’immagine del film tv “M. Il figlio del secolo”
Un’immagine del film tv “M. Il figlio del secolo”

L’ascesa del duce raccontata in tv nelle prime due puntate su Sky e i personaggi in camicia nera tra Livorno, Orbetello e Firenze

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Acquistai “M. Il figlio del secolo” di Antonio Scurati nel 2018, appena uscito. Avevo letto, non ricordo dove, un’intervista all’autore, in cui dichiarava il suo progetto di dedicare una serie di romanzi al maestrino romagnolo inventore del fascismo. Mi misi subito a leggere il libro, nei ritagli di tempo, fra una lezione e l’altra. E per quanto riguarda l’inventore del fascismo, ricordavo una famosa intervista a Benito Mussolini, data al Corriere della Sera poco prima della sua cattura e della sua fucilazione. Il duce si lasciava andare a dichiarazioni interessanti, tra cui sottolineo: “Io non ho inventato il fascismo. Io l’ho preso dagli italiani”.

L’aderenza al periodo storico

Finii lo spesso tomo scuratiano in pochi giorni, con un po’ di insoddisfazione. Perché, per esempio, mi chiedevo, in un ciclo di romanzi che aveva l’ambizione di entrare davvero dentro alla figura del duce, si saltava a piè pari tutto il difficile e significativo periodo della sua infanzia, il babbo, la mamma, la sua adolescenza, i primi passi nella vita? Perché tralasciare insomma gli importanti anni di formazione? Ma tant’è. Riposi il volume nel suo angolo, in attesa che lo raggiungessero le narrazioni successive. Nel frattempo, controllavo qua e là l’oceanico studio mussolinico di De Felice, per vedere se Scurati fosse stato affidabile e scrupoloso. Nello stesso periodo ebbi l’ictus, con tutte le sue conseguenze. I volumi di Scurati continuavano ad uscire. E siamo giunti adesso alla serie che esce per Netflix, con molte promesse. Il regista, infatti, è lo stesso che ha firmato il bellissimo film su Churchill, “L’ora più buia”. Poi c’è Luca Marinelli che sostiene – in modo eccellente, a sentire i critici, ma con molte sue crisi, a sentire lui (e la sua nonna) – proprio la parte di Mussolini. La Toscana può mettersi davanti alla tv a guardare questa serie come se fosse un caso di coscienza, visto che la nostra regione ebbe una radicata partecipazione al nuovo regime.
La marcia su Roma e i fascisti toscani
Già quando ci fu la prima chiamata alla marcia su Roma, infatti, molti furono i gruppi che, rigorosamente in nero, partirono dalle varie città toscane per scendere a passo marziale verso la città eterna. C’erano già stati vari gruppi di squadristi toscani. E poi tra gli altissimi mogul del regime, come dimenticare che molti erano proprio di ascendenza e di ambiente toscano.

Fascismo livornese

Basti pensare alla famiglia Ciano, tutti livornesi Doc, con ultimo Galeazzo che sposò la figlia più amata di Mussolini, Edda, e che poi fu tra i primi a tradire il suocero, con il famoso voto contro Mussolini, la notte del 25 luglio del 1943.

Pavolini, il gerarca fiorentino

E come dimenticare uno dei maggiori teorici del regime, uno degli intellettuali più attenti alla dimensione, diciamo così, spirituale del fascismo, come Alessandro Pavolini, che era di Firenze? Pavolini poi seguì il duce nell’avventura della repubblica sociale, di cui fu un altissimo papavero.

I voli di Balbo da Orbetello

Anche Italo Balbo aveva forti legami toscani: la sede privilegiata della preparazione delle sue notissime trasvolate oceaniche era proprio l’idroscalo di Orbetello. Ma uno degli ultimi grandi segnali di partecipazione della Toscana al regime fu la memorabile accoglienza che la regione fece ad Hitler, nella famosa “giornata particolare” in cui il dittatore tedesco scese in Italia, per incontrare Mussolini. I due ras visitarono insieme Firenze, guidati da Ranuccio Bianchi Bandinelli, e in quella giornata fu addirittura messo in scena nel capoluogo toscano un palio senese straordinario. Montale vi scrisse una memorabile poesia. Insomma, vedremo come sarà questa serie tv dittatoriale. Anche con l’occhio interiore di una regione che, ahimè, c’era eccome.


 

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