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Scherma, la stoccata firmata dall'arbitro Pierucci: prima italiana a un mondiale. «Un sogno che dedico a mia sorella»

di Federico Lazzotti
Scherma, la stoccata firmata dall'arbitro Pierucci: prima italiana a un mondiale. «Un sogno che dedico a mia sorella»

La livornese, 52 anni, convocata per la competizione iridata in programma in Georgia: «Quando ho visto la mail non ci credevo. Vi racconto come ho iniziato, a chi devo dire grazie e a cosa ho rinunciato. Le Olimpiadi? Ora non ci penso...»

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Livorno Da Nedo Nadi a Simona Pierucci. Passando per Mario Curletto, Irene Vecchi e ovviamente il secolo dei Montano. È necessario riscrivere la Storia della scherma che passa da Livorno e infilza il mondo. Merito della caparbietà di questo arbitro internazionale, 52 anni e gli occhi che ridono anche quando si commuove ricordando il momento in cui ha ricevuto la comunicazione della federazione internazionale: convocata per arbitrare il torneo di fioretto ai campionati del mondo a Tiblisi, in Georgia, dal 20 al 30 luglio. Prima italiana della storia a raggiungere questo traguardo, un passo (ma non ditelo alla diretta interessata) verso le Olimpiadi di Los Angeles.

«Quando l’ho scoperto avevo appena terminato di arbitrare la finale di fioretto maschile ai mondiali Under 20 di Wuxi, in Cina. Ero nella referee room, la stanza degli arbitri, ho preso il cellulare e ho guardato la posta. Ho pensato a una delle comunicazioni che arrivano dalla federazione, invece ho aperto l’allegato e ho visto la convocazione. Sono sincera: non ci speravo quasi più. Dal 2000 sono internazionale e da tre nelle liste élite, mi ero quasi rassegnata a non fare più l’ultimo salto. E invece. La prima cosa a cui ho pensato? (una lunga pausa, ndr) A mia sorella Silvia, scomparsa quindici anni fa - dice senza nascondere le lacrime - è la prima persona che avrei voluto chiamare per festeggiare. È con lei che ho cominciato questa avventura. E anche se non è più con me fisicamente, la sento vicina: in pedana siamo sempre in due». Anzi in tre. Come sempre. Perché a darle un bell’abbraccio ci ha pensato suo fratello Beppe, ex fiorettista di ottimo livello e oggi tecnico della nazionale che in Cina seguiva i baby azzurri.

Pierucci, intanto arbitro o arbitra?

«Arbitro assolutamente, non so a chi sia venuto in mente di declinarlo al femminile. Certi palliativi sociali non li sopporto. Come le quote rosa che invece di creare pari opportunità discriminano. Nel mondo arbitrale come in tutti gli altri settori devono esserci persone meritevoli. La vera rivoluzione è che uomini e donne abbiano le stesse opportunità. A me darebbe fastidio scoprire che mi hanno scelta perché sono una donna e non perché sono brava».

Lei come Maria Sole Ferrieri Caputi è livornese. Livorno capitale italiana delle donne arbitro?

«Diciamo che Livorno è capitale delle vere pari opportunità. È una città libera, con pochi pregiudizi. E poi c’è una cultura sportiva sconfinata, aperta a tutti. Chi ha voglia di mettersi in gioco può farlo e vivere il proprio sogno. Mi piacerebbe non essere più una notizia perché sono donna. Ma per questo sono fiduciosa, ci sono segnali di grossa apertura».

Con Ferrieri Caputi vi sentite?

«Ci siamo conosciute in Comune a Livorno per una premiazione. Poi ci seguiamo sui social. È una ragazza super in gamba. Quando si arriva a certi livelli, che tu sia uomo o donna sei una persona preparata».

Come ha cominciato? Scegliere di fare l’arbitro di scherma non è così comune?

«Avevo 15 anni e volevo restare in quel mondo dove c’erano mia sorella e mio fratello. La scherma rappresentava un punto di riferimento. È stato il maestro, Mario Curletto, a propormi di fare l’arbitro. Non so cosa abbia visto in quella ragazzina, ma di quella intuizione lo ringrazio: come atleta non avrei fatto granché, invece chiusa una porta si è aperto un portone che mi ha portato lontano».

Dicono anche che sia parecchio testarda?

«Diciamo che se mi metto in testa una cosa tendo a non mollare: ho fatto tre volte il cammino di Santiago e a 40 anni la maratona. Penso che non si debba mai mollare e seguire i propri sogni, soprattutto quando gli altri ti dicono che non ce la farai».

I mondiali assoluti erano il suo sogno. Il problema di quando li realizzi è trovarne altri.

«Intanto penso a godermi questo momento con le persone a cui voglio bene. Il primo messaggio dopo la convocazione l’ho mandato al mio babbo, mi fa piacere che sia orgoglioso di questa cosa. Se sono qui è merito delle persone che mi hanno dato tutto questo amore, a cominciare dai miei genitori, i miei amici. Per una vita ho pensato fosse impossibile. Invece ho davanti tre anni belli e pesanti: voglio vivere il momento, fare del mio meglio e magari uscirne viva».

Quando è in pedana, qual è la cosa più difficile?

«Isolarsi, la scherma è uno sport tecnicamente molto difficile. Bisogna sgomberare la mente e focalizzarsi sull’azione. Ma purtroppo siamo umani e qualche volta entrano in ballo le emozioni e devi saperle gestire. Per fortuna ad arbitrare siamo un team».

Mai accorta di aver sbagliato?

«Certo. Quando non sei sicura, vai al video e riguardi l’azione. È il nostro Var. Se hai sbagliato si può tranquillamente tornare indietro».

Nella vita cosa fa oltre ad arbitrare?

«Lavoro nell’agenzia marittima di famiglia. Mi occupo di amministrazione».

Ha dovuto fare delle rinunce? E se sì quali?

«Quando ti piace tanto una cosa, niente è una rinuncia, perché sei dove vorresti essere. Diciamo che ho dovuto reinventare la quotidianità essendo sempre in giro per le gare. Ad esempio le mia amiche sanno che dal giovedì alla domenica ci sono raramente».

Ultima cosa: fra tre anni ci sono le Olimpiadi di Los Angeles?

«Davvero? (ride), dice che forse le spostano». l
 

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