Arrestato a Prato un super truffatore, ha fatto sparire 185 milioni di euro: cos’è l’operazione “Caccia alla volpe”
E’ un cinese di 51 anni ricercato in patria per appropriazione indebita. Da anni Pechino ha lanciato l’operazione “Caccia alla volpe” contro i funzionari corrotti che portano i soldi all’estero
PRATO. L’8 gennaio di quest’anno la squadra mobile della polizia ha arrestato a Prato un cinese di 51 anni che è accusato di essersi appropriato indebitamente di oltre 185 milioni di euro di fondi pubblici. Il fermo è stato eseguito in esecuzione di un mandato di arresto internazionale diffuso dall’Interpol. La notizia non era stata diffusa e la si è appresa ieri, 10 aprile, scorrendo il bilancio dell’attività della Questura, nascosta in quattro righe in fondo al capitolo sull’attività della Mobile.
I funzionari corrotti e l’operazione “Caccia alla volpe”
Di questo cinquantunenne al momento non si sa altro e non è escluso che possa essere uno dei tanti funzionari pubblici corrotti a cui la Repubblica popolare cinese sta dando la caccia da anni, perché hanno trasferito all’estero ingenti fondi statali cinesi di cui si sono appropriati indebitamente. Da anni infatti si parla della cosiddetta “Operazione Fox Hunt”, cioè la caccia alla volpe, una strategia messa in campo dalla Cina grazie a un’estesa rete di spie per riportare in patria sia i fondi sottratti (operazione difficile) che i responsabili delle appropriazioni indebite (questa un po’ più facile).
L’operazione a Prato
Se n’è parlato alla fine del 2022 anche a Prato, quando si scoprì che in un anonimo stanzone di via Orti del Pero c’era un ufficio chiamato “Stazione di polizia di oltremare di Fuzhou”, uno degli 11 presenti in Italia e il cui scopo sarebbe stato proprio quello di contattare i truffatori in fuga e convincerli a tornare in patria. Convincerli come? Facendo pressioni sui familiari rimasti in Cina, esclusi dalle scuole e dai trasporti pubblici, con la casa segnata dal marchio dell’infamia (“Qui abita un debitore”) fino a quando il fuggitivo non si fosse ripresentato.
La scoperta di questa polizia parallela, sempre smentita dalla comunità cinese, fece un grande scalpore e l’ufficio di via Orti del Pero fu rapidamente abbandonato.
Ora si scopre che la polizia italiana, quella vera, ha rintracciato un cinese accusato di aver fatto sparire l’equivalente di 185 milioni di euro (che in Cina valgono molto di più che in Europa). Non è dato sapere se il cinquantunenne sia già stato estradato o abbia fatto ricorso. Di sicuro, spiega la stessa Questura, per un’accusa del genere in Cina si rischia una condanna fino a 10 anni di reclusione.