Il Tirreno

Prato

L’inchiesta

Montemurlo, il ponte, il fosso, il piano: tutte le accuse al sindaco Calamai sull’alluvione

di Paolo Nencioni

	Il ponticino sul torrente Bagnolo che deve essere abbattuto (foto Nucci)
Il ponticino sul torrente Bagnolo che deve essere abbattuto (foto Nucci)

Ecco perché la Procura punta l’indice contro il sindaco, l’assessora Vespi e tre tecnici del Comune

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MONTEMURLO. Il ponticino sul torrente Bagnolo che fa da tappo, il “tombamento” del fosso Stregale, la sparizione di un argine che riappare magicamente in una perizia successiva. Nelle carte dell’inchiesta sull’alluvione che ora vede indagati il sindaco di Montemurlo Simone Calamai, l’assessora alla Protezione civile Valentina Vespi e tre tecnici comunali (oltre ad altri dieci tra tecnici e politici per il versante di Prato) si ritrovano tutte le criticità che erano emerse subito dopo gli allagamenti del novembre 2023.

Il ponticino

Il ponticino sul Bagnolo, intanto. Quando arrivò la piena l’alveo era già più alto del normale per i detriti che si erano accumulati, il ponte fece da tappo coi tronchi arrivati da monte e il Bagnolo si sfogò nell’abitato. Lo scorso 6 settembre il Comune ha annunciato l’abbattimento del ponte, a fine novembre ha preso possesso dei terreni ma poi si è dovuto fermare per il ricorso al Tar di una famiglia che si oppone alla realizzazione di una viabilità alternativa. Il Tar ha dato ragione al Comune, che però preferisce aspettare il giudizio di merito. Morale della favola: il ponticino è ancora lì.

Lo Stregale

Quanto al fosso Stregale, la Procura contesta a Calamai & C. di non aver preso per tempo le misure per mitigare il rischio idraulico di un fosso che, arrivato a valle di via Morecci, è tombato e di fatto diventa una fogna con un tubo largo 150 centimetri. Dopo l’alluvione sono stati fatti lavori per allargare l’alveo. Troppo tardi, però. E lo scorso 8 novembre Montemurlo è andata di nuovo sott’acqua per una grata che fece da tappo. Una grata basculante c’era anche prima del 2 novembre 2023 e anche quella, secondo la Procura, ha contribuito a provocare l’alluvione.

L’argine sparito

C’è poi la storia dell’argine sparito che ha messo nei guai il direttore generale del Consorzio di bonifica Medio Valdarno, Iacopo Manetti, e il tecnico Nicola Giusti, accusati di falso. In una perizia redatta il 20 novembre 2023 per i lavori di somma urgenza sugli argini hanno parlato del cedimento di un tratto di 30 metri del muro di difesa della sponda destra del Bagnolo all’altezza del civico 88 di via Riva, ma la Procura sostiene che quel tratto non ha ceduto, semplicemente perché quel muro di difesa non c’era. E anche questo ha contribuito all’alluvione.

Il piano non aggiornato

Tra le contestazioni mosse a politici e tecnici di Montemurlo c’è anche il mancato aggiornamento del Piano di protezione civile, risalente al 2 ottobre 2012, nel quale via Riva non risultava tra le strade a rischio alluvione; la mancata previsione di soglie di allerta al superamento di certi valori pluviometrici; il mancato accesso, durante l’emergenza, al sito del Centro funzionale della Regione per controllare a che punto erano quei valori; soprattutto il mancato avviso ai residenti, sempre durante l’emergenza, che quella zona non era più sicura, ed eventualmente la chiusura di certe strade. Così facendo, conclude la Procura, Alfio Ciolini, l’anziano annegato nella sua abitazione di via Riva invasa dalle acque del Bagnolo, forse si sarebbe potuto salvare.  

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