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Liberazione di Prato, la sindaca Bugetti contro il revisionismo: «La storia non si annacqua»

di Paolo Nencioni
La deposizione della corona al monumento ai Caduti in piazza Santa Maria delle Carceri
La deposizione della corona al monumento ai Caduti in piazza Santa Maria delle Carceri

La replica a Mazzetti (FI) sull’eccidio del Castello: la deputata aveva invitato a ricordare l’uccisione di alcuni fascisti dopo la cacciata dei tedeschi

07 settembre 2024
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PRATO. Nell’ottantesimo anniversario della Liberazione di Prato, la sindaca Ilaria Bugetti respinge al mittente i «tentativi di annacquare la storia, di seminare dubbi per giustificare i crimini fascisti, appannare il valore e il ricordo della lotta di liberazione equiparandola a una guerra fratricida in cui persecutori e vittime sono sullo stesso piano. Parificare le responsabilità per auto assolversi; banalizzare con aggressività la storia a uso e consumo politico».

Il mittente, in questa invettiva, non è indicato ma è facilmente individuabile. La deputata di Forza Italia Erica Mazzetti e la capogruppo in consiglio comunale Rita Pieri alla vigilia della celebrazione avevano invitato a non dimenticare il cosiddetto “Eccidio della Fortezza”, l’uccisione a sangue freddo di alcuni fascisti il 7 settembre 1944, il giorno dopo la Liberazione (per uno degli omicidi nel 1953 fu condannato Marcello Tofani, detto Tantana). Ma per la sindaca, che ieri mattina, insieme al partigiano Fiorelli Fabbri, ha deposto una corona alla targa commemorativa in piazza del Comune e poi, insieme alla prefetta Michela Iacona, ha deposto un’altra corona al monumento ai Caduti in piazza delle Carceri, non è ammissibile mettere sullo stesso piano quello che accadde prima del 6 settembre e quello che successe il giorno dopo.

«La Memoria sia un esercizio quotidiano – esorta Ilaria Bugetti – e i valori democratici alla base della nostra Costituzione siano condivisi da tutte le forze politiche. Può sembrare scontato ma non lo è affatto perché il vento alimentato dai nostalgici soffia fortissimo e odora di apologia del fascismo. Un pericolo che si annida tra le istituzioni che oggi sono rappresentate anche da chi colleziona busti di Mussolini e ha una mal celata passione per i saluti romani».

«I principi democratici che la Resistenza ci ha consegnato – ha aggiunto – devono essere condivisi da tutte le istituzioni pubbliche, dalla più alta carica dello Stato alla più piccola, perché tutte giurano sulla Costituzione, compresa la presidente del consiglio e tutto il governo di cui è espressione. La carica che rappresentiamo è frutto della sanguinosa battaglia per liberarci dal regime fascista, è frutto della Resistenza, è frutto della nostra Costituzione che è prima di tutto antifascista. Chi non condivide i valori che esprime e su cui si fonda, non dovrebbe neanche ricoprire cariche istituzionali perché giura su qualcosa che non riconosce».

In serata, prima del brindisi al Circolo di Figline, la sindaca ha partecipato alla Marcia della Pace da via Sette Marzo a Figline. «Onoriamo i 29 martiri di Figline perché attraverso di loro ricordiamo tutti coloro che si batterono e si sacrificarono per un’Italia libera e giusta – ha detto – che scelsero di riscattare il nostro Paese dalla vergogna della dittatura fascista e dell’invasore tedesco a costo della propria vita. Lo faccio oggi per la prima volta da sindaca di questa città e continuerò a farlo sempre, ogni 6 settembre, perché da qui parte tutto, l’anno zero della nostra democrazia, l’architrave su cui si poggia ogni nostra azione politica e amministrativa. Una giornata in cui si devono mettere da parte le differenze ideologiche e politiche per porre l’accento sui valori della Resistenza. Discutiamo su tutto il resto, ma quei principi devono essere patrimonio comune. Questo dovrebbe essere il punto di partenza per tutti».
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