Tribunale di Prato, il cantiere della vergogna
Lavori fermi da mesi, erba alta, impalcature e attrezzature abbandonate. Nei giorni scorsi c’è stato un sopralluogo ma solo per riaprire l’ingresso principale
PRATO. Il vice ministro Francesco Paolo Sisto nella visita al Tribunale lo scorso aprile aveva garantito che entro poco tempo il cantiere sarebbe ripartito. Era arrivato e si era trovato davanti, come tutti, una situazione desolante.
Si era impegnato con il presidente del tribunale, con il procuratore capo e con i rappresentanti delle istituzioni locali, il sindaco di Prato e il presidente della Provincia, di rifare un punto entro il 10 maggio. Per cominciare a parlare di riapertura del cantiere.
Martedì, dopo mesi di silenzio, c’è stato un sopralluogo dei tecnici incaricati dell’azienda che si è aggiudicata i lavori ma sembra chiaro che di ripartire con i lavori di riqualificazione di Palazzo di Giustizia non se ne parla.
Semmai solo di riaprire l’ingresso principale per evitare la gimkana che chiunque è costretto a fare per entrare.
Un percorso delimitato da transenne che portano a una porta secondaria e da lì davanti all’ingresso principale.
In mezzo reti, tubi, polvere ed erba altissima perché gli operai del Comune (proprietario del Palazzo ma non responsabile dei lavori) non possono accedere per fare l’erba che in realtà, va detto, è alta anche dove si può accedere.
Una situazione di degrado e, visto il luogo probabilmente anche di sicurezza, anche perché va avanti da mesi, anni.
I 350mila euro stanziati dal Ministero su un progetto complessivo di oltre un milione di euro, non sono sufficienti a terminare i lavori: ne servirebbero altri per far fronte all’aumento delle materie prime che si è determinato con la pandemia.
Eppure a gennaio del 2022 era stato deciso che il cantiere sarebbe dovuto ripartire: lo certifica un sopralluogo con cui la cooperativa edile si impegnava a fornire un dettagliato cronoprogramma, a riprendere al più presto il completamento della scala che in base all’appalto avrebbe dovuto essere terminata a fine 2019.
Era però arrivata la pandemia, il lockdown aveva bloccato il Paese e di conseguenza anche il cantiere del tribunale di Prato. In questo caso però gli operai sono tornati al lavoro per un periodo limitato fino all’abbandono almeno da quattro-cinque mesi e di fatto di gran parte dello spazio esterno del tribunale.
Già la scelta di fare i lavori di costruzione della scala erano emblematici e unascelta che era sembrata paradossale.
Un intervento considerato già alla partenza non indispensabile soprattutto perché il palazzo di interventi piuttosto urgenti ne avrebbe avuti bene altri: in estate si guasta l’aria condizionata continuamente, in inverno il riscaldamento, l’ascensore non ha funzionato per mesi e nei corridoi ci sono copiose infiltrazioni di acqua mai sistemate anno dopo anno.
Quattro rampe di gradini in calcestruzzo per raggiungere il secondo piano di un edificio che nessuno ha mai giudicato bello ma che almeno aveva una sua coerenza era sembrata una stranezza anche perché in fondo al corridoio del secondo piano, quello che porta all’aula collegiale, una scala d’emergenza c’è da sempre e non risulta che sia pericolante.
Nessuno ha mai preso posizione rispetto a queste scelte ma ora la situazione di degrado ha raggiunto un limite inaccettabile.
I lavori fermi con il calcestruzzo gettato ma senza le rifiniture in vetro e acciaio, l’erba alta e il cantiere fermo sono diventati il simbolo e il segno di un ulteriore paradosso di Paese che non funziona e non riesce a raggiungere gli obiettivi che si dà al netto di quello che è un altro problema del tribunale pratese: quello della mancanza di personale per portare avanti l’attività del Palazzo.
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