Un po' di Prato nella festa degli Oscar
Premiata con la statuetta dorata la costumista italiana Milena Canonero per i costumi del film "Grand Hotel Budapest". I tessuti sono stati scelti a San Giusto dove ha sede la Ob Stock
PRATO. L’unico contatto è un messaggio di congratulazioni spedito via cellulare dall’altra parte dell’oceano. Stop, niente più. In questo capannone a San Giusto di Prato, tra pile e pile di tessuti ammucchiati quasi a toccare il soffitto, si lavora sodo e non c’è tempo per festeggiare l’Oscar. Già, l’Oscar. Dietro gli occhiali semiscuri di Massimo Bernocchi, figlio di uno dei soci fondatori della “Ob Stock”, luccicano gli occhi per la felicità quando in tv ha visto Milena Canonero calcare il palco del Dolby Theatre con la statuetta. «La conosciamo da trent’anni – confessa - e con lei abbiamo un rapporto personale: è una professionista straordinaria, quando si mette in testa un’idea è quella».
Parla un po’ pratese quella statuetta assegnata al miglior costume di “Grand Budapest Hotel”. Una Prato “insospettabile” che veste l’impero del cinema da decenni, perché il top dei costumisti di tutti i tempi, da Gabriella Pescucci (“L’età dell’innocenza”) a Dante Ferretti (“Pinocchio”), da Danilo Donati (“La vita è bella”) a Maurizio Millenotti (“La passione di Cristo”), da Janty Yates (“Il Gladiatore”, “Exodus”) a Penny Rose (“Pirati dei Caraibi), viene a frugare qui, in questa montagna di stoffe ammatassate in un magazzino di 4500 metri quadrati. Tessuti prodotti nei lanifici pratesi e, a seconda della lavorazione richiesta, trattato nelle tintorie e rifinizioni in loco. Alcuni vengono personalmente, altri mandano i propri collaboratori: per la pellicola di Wes Anderson, ad esempio, Milena non s’è vista.
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Sono migliaia i metri di panno di lana cuciti addosso alle divise blu, grigio e rosse dei personaggi di “Gran Budapest Hotel”. Bernocchi non ne ricorda la quantità esatta. «Come potrei – ironizza - tutti gli anni si vince e non ci facciamo mai pubblicità». Non ne hanno bisogno. Il loro è un servizio a 360 gradi, impeccabile. «Facciamo lavorare maestranze pratesi – racconta - e se un tessuto non è disponibile lo facciamo realizzare su misura». L’ufficio di Bernocchi è un piccolo museo di celebrità: su quella parete tappezzata di foto sfilano i ritratti dei costumisti che sono di casa nel magazzino di San Giusto. E spunta anche una foto con dedica di Tom Hanks. Made in Prato, anche i suoi costumi. Monica Orlandini, figlia dell’altro socio, non rammenta il nome della pellicola con il divo di Hollywood protagonista.
«Ormai s’è perso il conto delle produzioni con cui s’è lavorato. In genere, si comincia sempre con una campionatura preliminare all’ordine». Le fa eco il collega Massimo, uno che la notte dell’Oscar la passa… a dormire. «Macché festa, qui si lavora. E poi – scherza – allora si dovrebbe festeggiare ogni anno tra nomination e statuette vinte. In un modo o nell’altro, non ci perdiamo un’edizione degli Oscar». E non c’è solo il cinema. Ultimamente “Ob Stock” sta diventando una tappa obbligatoria per la costumista Michele Clapton che, per gli abiti di scena della serie “Il trono di spade”, viene a fare shopping da queste parti.
Infine, il teatro. «Il primo cliente fu Piero Benedetti, costumista della Scala, alla fine degli anni Settanta: poi iniziarono le collaborazioni con il Maggio, la Fenice di Venezia, persino il Metropolitan», ricorda l’87enne Orlando Orlandini che con l’amico Loris Bernocchi nel 1974 fondò questa piccola azienda a conduzione familiare. Due ex cenciaioli che più di quarant’anni ebbero l’intuizione giusta di lanciarsi nell’industria del cinema. L’Oscar di Milena Canonero, il quarto nella sua carriera, aggiunge un nuovo capitolo a questa storia di successo imprenditoriale che ha legato la fortuna dei tessuti di Prato al grande schermo.
Anche per “Maria Antonietta” di Sophia Coppola, che valse alla Canonero un’altra statuetta nel 2007, i tessuti erano targati “Ob Stock”. A suo modo, anche l’azienda pratese ha preso gusto nel collezionare statuette per i costumi: da "L'ultimo Imperatore" a “Il Gladiatore” , dal “Titanic” a “The Aviator”, da “Duchesse” a “Maria Antonietta”. Il segreto? Sta tutti nei rapporti personali. «Non so una parola d’inglese – ammette Massimo Bernocchi - e non so usare il computer, eppure ho questi clienti...». In barba alla crisi, le stoffe di Prato vincono l’Oscar.
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