Il Tirreno

Pontedera

L’indagine

Mattia Giani, chiesta una proroga per capire le cause della morte in campo. Gli esami decisivi

di Matteo Leoni
Mattia Giani, chiesta una proroga per capire le cause della morte in campo. Gli esami decisivi

I consulenti del pm hanno preso altri due mesi per dare una risposta. Quali sono le ipotesi prese in considerazione

24 luglio 2024
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MONTOPOLI. Ancora due mesi per sapere perché Mattia Giani, originario di Montopoli, è morto, e per sapere nero su bianco se ci siano delle responsabilità e soprattutto, di chi. Il giovane attaccante del Castelfiorentino è stato colto da un malore fatale domenica 14 aprile, mentre disputava una partita sul campo del Lanciotto a Campi Bisenzio.

La medico legale Beatrice Defraia, incaricata dell’autopsia dalla procura insieme a un team di consulenti, aveva chiesto novanta giorni di tempo per fornire le risposte alle domande formulate dal pm Giuseppe Ledda. La relazione avrebbe dovuto essere consegnata nei giorni scorsi, ma così non è stato. I consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero hanno chiesto una proroga di sessanta giorni.

L’indagine sulle cause della morte

Nel quesito formulato dal pm si chiede di individuare le cause della morte. E soprattutto di accertare l’eventuale responsabilità di terze persone nel decesso: prima di tutto nel momento dei soccorsi. Ma anche in precedenza: va verificata cioè anche l’ipotesi di una colpa medica, da parte di chi ha certificato negli anni l’idoneità sportiva a Mattia, magari non riconoscendo una patologia al cuore. Anche la famiglia, assistita dall’avvocato Duccio Baglini, ha nominato un proprio consulente per l’autopsia.

Non ci sono persone indagate

L’inchiesta sul caso è aperta per il reato di omicidio colposo. Al momento, a più di tre mesi dalla morte di Giani, nessuna persona è stata iscritta dal registro degli indagati. Al medico legale e ai consulenti tecnici il compito di rispondere al quesito circa l’esistenza di eventuali ritardi o inadempienze nei soccorsi, che possano aver pregiudicato la possibilità di salvare Mattia.

Quando il ragazzo si è sentito male, nell’impianto sportivo non c’era il medico, previsto dai regolamenti in alternativa all’ambulanza anch’essa assente.

Ma si cerca pure un errore medico, una leggerezza, una diagnosi mancata. Per questo l’attenzione della procura si è puntata anche sugli esami di idoneità sportiva eseguiti dell’attaccante ventiseienne del Castelfiorentino. L’analisi della «documentazione sanitaria pregressa» è stata espressamente richiesta dal pm, nella lettera d’incarico alla medico legale Beatrice Defraia.

Ci sono state responsabilità

Nel corso dell’esame autoptico sono stati prelevati campioni dei tessuti che sono stati sottoposti a esami istologici. E sono proprio alcuni di questi esami, in base a quanto trapelato, a essere ancora in corso. Attività fondamentale per capire che cosa abbia provocato l’arresto cardiaco che ha causato la morte del giovane sportivo. E quindi per stabilire se ci siano delle responsabilità, per esempio da parte della società di casa per quanto riguarda le regolarità dei soccorsi prestati in campo.

Saranno queste analisi insomma a dire se Mattia poteva essere salvato, magari dalla presenza di un medico in campo (previsto dal regolamento della Figc) o di un addetto formato all’uso del defibrillatore (previsto dalla legge). Per conoscere gli esiti degli esami tuttavia ci vorrà ancora tempo, almeno altri due mesi.

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