Max, l’allenatore del Pontedera che parla milanese: «Stregato dalla città operaia»
Dal 5 ottobre è sulla panchina della squadra di calcio cittadina. «Pontederesi, venite allo stadio. Non molleremo mai. Promesso»
PONTEDERA. Sarà che da “piccoli” ci si emoziona con più facilità. I bambini rispetto agli adulti, la provincia rispetto alla metropoli. Un milanese allenatore della squadra della città: quando mai è successo a Pontedera? E allora lo straniero fa notizia in partenza: solo perché arriva da lontano. E se poi vince due partite di fila – dopo che i granata ne avevano pareggiate quattro e perse due nelle prime sei di campionato – allora diventa personaggio. Massimiliano Canzi piace già parecchio ai pontederesi che seguono il calcio. È subentrato alla guida della squadra il 5 ottobre. In città viene solo per allenare i ragazzi allo stadio Ettore Mannucci, perché momentaneamente vive a Tirrenia. «Ma ho già preso casa a Pontedera, sto solo aspettando di potermi trasferire».
E che zona ha scelto, mister?
«La periferia, con una bella vista sulla campagna. Nelle vicinanze della frazione di La Rotta. Sono a pochi minuti dallo stadio e al tempo stesso lontano dal caos del centro. Il posto ideale».
È un amante della natura?
«Sì, ed ero in mezzo alla natura anche quando mi ha chiamato il Pontedera. Mi trovavo nella mia casa sul lago di Como, insieme alla famiglia. Da quando ho interrotto la mia avventura alla Turris (durata circa un mese a inizio estate, nda) ho cercato di dedicarmi agli affetti, consapevole che il mio lavoro non mi permette di passare molto tempo con i miei cari. Un paio di chiamate sono arrivate, da club di Serie C, ma le prospettive non mi convincevano».
Poi è arrivato il Pontedera e ha detto subito “Sì”. Come mai?
«Prima di tutto perché conosco bene il direttore sportivo, Moreno Zocchi. Ci siamo incontrati la prima volta parecchi anni fa, quando io allenavo nei dilettanti. Non abbiamo mai lavorato insieme, ma siamo sempre rimasti in contatto. E poi perché negli anni in cui ho giocato contro il Pontedera (Canzi ha allenato per due stagioni l’Olbia, nello stesso girone del Pontedera, nda) ho sempre avuto l’impressione di una società seria, che sa fare calcio e non fa mai il passo più lungo della gamba. Nell’ultimo anno la proprietà ha subito un profondo cambiamento, ma la politica della società attuale è rimasta praticamente uguale. Ora lo posso dire con certezza: a Pontedera si lavora benissimo».
Lei ha preso una squadra che non aveva mai vinto in campionato, e in 72 ore ha vinto due volte in trasferta. A Siena in Coppa Italia e in campionato ad Alessandria. Domenica altro impegno lontano da casa, a Carrara (calcio d’inizio alle 14,30). Cosa ha fatto Canzi al Pontedera?
«Prima di tutto nel calcio ci vuole il “Fattore C”. E abbiamo avuto anche quello. Poi ai ragazzi ho detto poche, semplici cose. Lo so che loro sono rimasti male per la partenza del mio predecessore, Pasquale Catalano, perché erano molto legati a lui. E lo capisco perché la squadra ha dei valori, si vede che Catalano gli ha trasmesso qualcosa. E non stravolgerò il suo lavoro, piuttosto lo integrerò col mio».
La città negli ultimi anni si è allontanata molto dalla squadra di calcio. Le presenze allo stadio sono calate drasticamente. Come si riporta la gente allo stadio?
«Le presenze sono calate ovunque. Le pay tv non hanno ucciso il pubblico in Serie A, ma in C. Sarei un folle se promettessi che le vinciamo tutte. Ma ai pontederesi posso assicurare che il Pontedera giocherà sempre con la bava alla bocca. Chi verrà allo stadio vedrà una squadra che non mollerà mai. Abbiamo bisogno dei tifosi».
E Pontedera come città che impressione le ha fatto?
«Pontedera è una città operaia, in senso positivo. Sono cresciuto nella periferia nord di Milano, accanto allo stabilimento Pirelli. Ho respirato subito la stessa aria. Chi non l’ha vissuto non può capire. A me Pontedera ricorda già casa».l
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