«Facciamoci una statua e regaliamocela» Così due ragazzi parlavano dopo lo stupro
Arrestati i quattro giovani già denunciati: estranei alle indagini due amici andati via dopo che lei si era messa a piangere
Stefano Taglione
BIBBONA. «Dovremmo farci una specie di statuetta e regalarcela a vicenda». È la mattina del 3 agosto e sono passate poche ore dalla presunta violenza sessuale di gruppo avvenuta sulla spiaggia di Marina a Bibbona, con quattro ragazzi che avrebbero stuprato una turista ventenne residente nel Pisano. Con queste parole, due dei giovani che ieri mattina sono stati arrestati dai carabinieri, commentano l’accaduto su Whatsapp, con messaggi scritti e vocali. Seguiti da una serie di offese nei confronti della vittima e di imitazioni per la sua voce piangente, mentre tentava di sottrarsi agli abusi.
L’ANALISI DEI CELLULARI
Le conversazioni telefoniche sono solo alcuni degli elementi in mano al sostituto procuratore titolare dell’inchiesta, Niccolò Volpe, il cui lavoro fianco a fianco con i carabinieri ha convinto il giudice per le indagini preliminari Antonio Del Forno a firmare l’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari (con il braccialetto elettronico) a carico dei quattro giovani ritenuti responsabili del reato di violenza sessuale di gruppo continuata. Sono il ventiseienne Yassin El Falahi di Castagneto Carducci, il venticinquenne Luca Lessi e i ventitreenni Giacomo D’Alessi e Marco Berrighi, gli ultimi tre de La California (nel comune di Bibbona) e nati a Cecina. Secondo il tribunale, per loro, sussiste il pericolo di reiterazione del reato, per questo dopo quasi cinque mesi il giudice ha disposto i domiciliari con il controllo telematico degli spostamenti.
LE PREOCCUPAZIONI
«Dovremmo farci una specie di statuetta e regalarcela a vicenda», è uno stralcio di una conversazione su Whatsapp fra El Falahi e D’Alessi, acquisita dai carabinieri della Compagnia di Cecina, guidata dal capitano Christian Bottacci, e dai colleghi del Nucleo investigativo di Livorno, diretto dal maggiore Michele Morelli, dopo il sequestro dei loro telefonini. Mentre Berrighi, parlando con Lessi, nel pomeriggio dello stesso 3 agosto esternava tutte le sue preoccupazioni, in particolare pensando a come si sarebbero comportati gli altri amici: «Non facciano i fenomeni a raccontare in giro, che se a questa (parlano della ventenne ndr) le prende male perché tutti lo vengono a sapere, siamo nella me**a». Non sapevano certo che già alle 4.50 della notte fra il 2 e il 3 agosto – quella del presunto stupro – El Falahi, a petto nudo, si era scattato un selfie con gli slip rubati alla vittima e aveva mandato la foto, sempre via Whatsapp, a due sue amiche. Entrambe, naturalmente, sono state ascoltate dagli inquirenti e hanno ammesso di aver ricevuto quel messaggio. Il file è agli atti dell’inchiesta e le mutandine sono state poi trovate a casa del ventiseienne, durante una perquisizione dopo la denuncia della ragazza, e sono state sequestrate dai militari del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Cecina. Erano in un cassetto della camera da letto e il ragazzo le ha consegnate spontaneamente.
GLI ALTRI DUE RAGAZZI
Secondo l’inchiesta, quella notte, insieme ai quattro giovani arrestati e alla ventenne c’erano due coetanei, al momento estranei alle indagini. Entrambi, parte della comitiva che si era ritrovata al bar, hanno accompagnato il gruppo nel tratto di spiaggia libera dove poi si sarebbe consumata la violenza. In particolare sarebbero stati con lei quando, in cerchio, sarebbero iniziati i rapporti orali. Rapporti sotto costrizione, secondo la vittima, che però inizialmente non avrebbe opposto la resistenza fisica che avrebbe invece voluto mettere in pratica. Per ragioni psicologiche, secondo la procura, visto che era sotto choc. Poi, dopo qualche minuto, si è messa a piangere. Chiedendo di fermarsi. È a questo punto che i due ragazzi, estranei all’inchiesta, se ne sono andati. «Io così non ce la faccio», avrebbe detto uno di loro, prima di tornare sul lungomare, prendere la macchina e tornarsene a casa. Secondo il giudice per le indagini preliminari, in sintesi, i due avrebbero preso parte attiva agli atti sessuali di gruppo in un momento in cui la ventenne non aveva ancora palesemente esternato il proprio dissenso e, pur avendola lasciata sola in un momento di estremo bisogno, non avevano alcun obbligo giuridico di impedire quanto accaduto e per questo vengono ritenuti estranei ai fatti. —
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