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Il caso

Pistoia, operaio ucciso davanti a casa: giudizio immediato per il cognato

di Massimo Donati

	Nella foto l’imputato la mattina dell’omicidio davanti a casa e il luogo del delitto
Nella foto l’imputato la mattina dell’omicidio davanti a casa e il luogo del delitto

Rischia l’ergastolo: contestata dal pm la crudeltà

24 luglio 2024
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PISTOIA. Omicidio volontario aggravato dall’aver agito con crudeltà. È con questa imputazione che il 19 novembre dovrà comparire direttamente davanti alla corte d’Assise di Firenze, senza il filtro dell’udienza preliminare, Daniele Maiorino, l’artigiano 58enne di Agliana accusato di aver ucciso il cognato Alessio Cini, operaio di 57 anni, lo scorso 8 gennaio, davanti a casa, prima colpendolo alla testa con una spranga e poi dandolo alle fiamme mentre era stordito a terra, ancora vivo.

Chiuse le indagini preliminari, il sostituto procuratore Leonardo De Gaudio, titolare dell’inchiesta, ha infatti chiesto per l’indagato, che si trova in carcere dal 19 gennaio, il giudizio immediato, che consente, appunto, la celebrazione “immediata” del processo qualora il pm ritenga che la prova della responsabilità dell’imputato sia evidente. Richiesta che è stata accolta dal gip del tribunale, che ha citato quindi Maiorino in giudizio senza il passaggio davanti al giudice dell’udienza preliminare.

Udienza preliminare che in questi casi sarebbe possibile solo qualora un imputato, attraverso il proprio legale, facesse richiesta di rito abbreviato: possibilità esclusa dalla legge in quanto il reato contestato, proprio a causa dell’aggravante della crudeltà, prevede come pena base quella dell’ergastolo.

I difensori di Maiorino – gli avvocati Katia Dottore Giachino e Fulvia Lippi, del foro di Prato – potrebbero eventualmente contestare formalmente la sussistenza di tale aggravante per poi, qualora il ricorso venisse accolto, fare richiesta per il rito alternativo. Ma si tratta di una possibilità remota.

Oltre a una figlia adolescente che viveva con lui nella villetta trifamiliare di via Ponte dei Baldi, alla Ferruccia di Agliana, e alla ex moglie Katiuscia Carrone, Alessio Cini – che aveva mantenuto sempre un profondo legame con la frazione di Sant’Ippolito di Prato – aveva anche un fratello, Luca, che, assieme a lui, si prendeva cura della sorella non autosufficiente.
La frasi pronunciate che lo incastrano
La prova principe in mano alla procura nei confronti di Maiorino è quella delle intercettazioni ambientali effettuate grazie alla microspia piazzata dai carabinieri nell’auto del sospettato. Frasi che incastrerebbero il 58enne artigiano, pronunciate – secondo il pm – nel corso di quei monologhi a metà fra una confessione fatta a se stesso e, quando aveva intuito di essere nel mirino degli investigatori, una prova generale a due voci in vista di un eventuale interrogatorio, con tanto di cambio di intonazione tra le ipotetiche domande che il giudice gli avrebbe potuto porre e le risposte che lui gli avrebbe dato: “L’ho ammazzato, proprio una fine di m...”; “Il sangue che veniva fuori, ho commesso un omicidio”; “L’ho preso a calci, gli ho rotto lo sterno, il costato, l’ho troncato...”; “Ho perso il capo... gli ho dato foco”... E quelle parole che farebbero pensare che non si è trattato di un omicidio premeditato ma di un atto di violenza maturato nell’ambito di una lite avvenuta quella tragica mattina dell’8 gennaio tra Daniele Maiorino e il cognato: “Mi ha detto vattene via, delle cose che mi ha fatto incazzare... Non ti avvicinare neanche al cane” diceva fra se e se nell’auto, il 12 gennaio successivo, il presunto assassino. Frasi che inducono gli inquirenti a ipotizzare che Maiorino abbia colpito alla testa il cognato con una spranga al culmine di un litigio.

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