Il Tirreno

Pistoia

Delitto Maestripieri

Pistoia, soffocò l’anziana madre nel letto: ragioniere condannato a 23 anni

di Lorenzo Carducci
Patrizio Ruscio all’arrivo in tribunale il giorno dell’udienza preliminare a Pistoia e l’avvocato difensore Francesco Stefani
Patrizio Ruscio all’arrivo in tribunale il giorno dell’udienza preliminare a Pistoia e l’avvocato difensore Francesco Stefani

Ergastolo evitato grazie al comportamento processuale collaborativo

15 giugno 2024
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PISTOIA. Alla fine, niente ergastolo, come invece prevederebbe il codice penale nei casi di omicidio nei confronti di un genitore. Il ragioniere pistoiese di 61 anni Patrizio Ruscio – tuttora in custodia cautelare in carcere – è stato condannato ieri dalla Corte d’assise di Firenze a 23 anni di reclusione. Per aver ucciso, la mattina del 1° giugno 2023, la madre 90enne Ottavina Maestripieri, soffocandola nel proprio letto dopo una lite, oltre che per evasione dalla detenzione domiciliare (che scontava per altre cause) e per uso indebito di carte di credito, reati minori la cui pena è stata quantificata in due anni (aggiuntivi rispetto ai 21 per omicidio).

La ricostruzione

Attorno alle 6,30 di quella mattina, evadendo dalla detenzione domiciliare a cui era sottoposto, Ruscio era andato dalla madre, che abitava in via Monteverdi, l’unica persona che lo aveva aiutato a far fronte ai tanti debiti accumulati negli anni, dando fondo a tutte le proprie risorse. Anche l’appartamento in cui viveva non era più suo, era stato venduto all’asta e il nuovo proprietario pretendeva da lei il pagamento di un anno di affitto anticipato. Lui era andato per dirle che i soldi per l’affitto non li aveva trovati. Lei, disperata per uno sfratto che già vedeva inevitabile, aveva iniziato ad accusarlo di essere la causa della sua rovina. Così il figlio aveva perso la testa e le aveva tappato la bocca, desistendo (per poi chiamare il 118) troppo tardi, quando la madre che aveva tentato invano di coprirsi con il lenzuolo aveva smesso di dimenarsi respirando sempre più a fatica.

La confessione

La confessione tempestiva da parte dell’uomo – seppur non proprio nell’immediatezza del fatto, almeno prima dell’esito dell’autopsia e degli esami genetici – e un comportamento processuale collaborativo col via libera all’acquisizione al fascicolo del dibattimento degli atti delle indagini preliminari, hanno fatto sì che le circostanze attenuanti fossero ritenute equivalenti alle aggravanti (quindi sufficienti a neutralizzarne l’efficacia) escludendo così l’ergastolo.

Lo aveva chiesto direttamente il pubblico ministero Leonardo De Gaudio, nel concludere per una pena complessiva di 22 anni, aumentata poi dalla corte. Le aggravanti all’omicidio erano diverse: oltre alla parentela e la recidiva reiterata per precedenti condanne, anche l’essersi approfittato delle condizioni di minorata difesa della madre e l’aver violato la misura di detenzione domiciliare.

L’avvocato difensore

L’avvocato difensore di Ruscio, Francesco Stefani, farà comunque appello, perché «ritengo che ci siano tutti i presupposti perché siano concesse le attenuanti generiche in termini di prevalenza sulle contestate aggravanti, abbassando ulteriormente la pena». Cercando forse di far leva anche su quella condizione di dissociazione dalla realtà che secondo il consulente della difesa, lo psichiatra Massimo Marchi, avrebbe accompagnato Ruscio al momento del raptus omicida. Una reazione a corto circuito che, come spiegato dallo specialista nell’unica udienza istruttoria del brevissimo processo in assise, avrebbe per qualche minuto spento la luce della ragione del 61enne, in quel periodo braccato dai creditori. Tesi, quella su una presunta capacità di intendere e volere “scemata”, che tuttavia non pare aver fatto breccia. La sentenza non ha statuito risarcimenti, ma l’obiettivo dell’avvocato della difesa sarebbe quello di trovare un accordo economico con i nipoti di Ruscio, i figli della sorella scomparsa, gli unici altri parenti della 90enne uccisa.

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