Il Tirreno

Pistoia

Quel figlio del Pistoia Blues che suona con le grandi star

Alessandra Tuci
Nick Becattini
Nick Becattini

Ne ha fatta di strada Nick Becattini da quando entrò nella Model T. Boogie: «Il festival ha portato in una città di provincia i migliori musicisti del mondo»

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PISTOIA. Da “figlio” del Pistoia Blues Festival a Chicago dove suona con artisti blues locali come Son Seals, Melvin Taylor, Sugar Blue. La musica scorre nelle sue vene. È tutta la sua vita. Da quando i concerti del Pistoia Blues, ai quali assiste assiduamente fin dagli albori degli anni’80, entrano dentro di lui per rapirlo e trasportarlo nell’immenso mondo della musica. D’altronde si sa, solo la passione più spingerti sempre più in là, fin dove nemmeno tu ti saresti mai immaginato di poter arrivare. Ovvio che lo studio e la caparbietà di centrare l’obiettivo hanno giocato la loro parte. Lui è Nick Becattini, cantante e chitarrista pistoiese di genere blues che ha ormai bisogno di poche presentazioni. Il suo stile, con radici nel blues di Chicago, dove tra l’altro Nick ha vissuto, è influenzato da altri generi come rock, soul e funk. Ha iniziato gli studi con Maurizio Ferretti per poi frequentare i seminari di Siena Jazz con Tommaso Lama; successivamente ha studiato a Chicago con Motoaki Makino. Ma la sua vera formazione avviene suonando incessantemente sui palchi europei e statunitensi. Inoltre ha l’opportunita di sentire, conoscere e talvolta suonare con le grandi star che intervengono al Pistoia Blues Festival dagli anni ’80.

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Lei è ormai un musicista affermato. Come è iniziata questa sua passione? Com’era da bambino?

«Grazie di questa sua dichiarazione, che ritengo tuttavia esagerata assai – risponde Becattini – i musicisti affermati sono altri: Santana, Clapton, Vasco, Jovanotti… Mi ritengo semplicemente un appassionato che ha coltivato fin da giovane il suo sogno e la sua passione raggiungendo qualche piccola soddisfazione, come suonare con tanti musicisti di talento che hanno condiviso la passione ed il palco con me e aver contribuito a formare giovani di grande talento con il mio lavoro di maestro di chitarra. Com’ero da bambino? Ricordi lontani ormai, comunque amavo giocare a pallone e fare gite in mezzo alla natura. La passione per la musica invece è nata intorno ai 15 anni, con un amore sviscerato per la chitarra. Poi un flash pazzesco, il primo festival Blues a Pistoia nel 1980 dove ho visto i più grandi: BB King e Muddy Waters! ».

Ha avuto collaborazioni importanti nel corso della sua carriera. Quali ricordi e periodi della sua vita le sono rimasti più impressi?

«La prima collaborazione, la più importante in gioventù, è stato suonare con la Model T Boogie di Giancarlo Crea, che mi ha inserito nel panorama blues italiano. Suonare con uno dei miei idoli Albert King al Pistoia Blues del 1989 certamente. Poi vivere di blues a Chicago, dove ho avuto il piacere di suonare con Son Seals, Buddy Scott e tanti altri grandi del blues. Un’altra grande soddisfazione è stata quella di suonare una quindicina di volte al Blues Festival della mia città natale Pistoia, questo certamente anche grazie agli organizzatori dello stesso. Ma la soddisfazione più grande è quella di imbracciare la chitarra ogni volta e suonare e cantare, da solo oppure condividere questo con altri musicisti e con il pubblico. Impagabile. Ogni volta è quella giusta. Adesso oltre al Blues faccio anche un tributo a Santana, un altro dei miei idoli di gioventù. Bellissimo».

Pistoia Blues. Cos’è oggi questo festival e cosa è stato in passato? E nel futuro come lo vede?

«Domanda difficile. Difficilissima. Fatta alla persona sbagliata, comunque provo a rispondere. Spesso la miopia di chi vede le cose troppo da vicino toglie la giusta prospettiva. Il Pistoia Blues è stato il fiore all’occhiello di questa città, checché se ne dica. Ovunque andavi in Italia e anche spesso all’estero, Pistoia era conosciuta per il suo festival, con una atmosfera che è stata magica per molti anni. Ha portato in una città di provincia i migliori musicisti da tutto il mondo. La sfilza di artisti che ci hanno suonato è impressionante! Detto questo, i tempi cambiano, rinnovarsi è la cosa più difficile. Sono state fatte delle scelte, spesso compiute giocoforza, con limiti imposti dall’alto in modo categorico, con tantissimi sgambetti fatti agli organizzatori da chi invece avrebbe dovuto agevolare ed aiutare: dai ad un uomo o donna che sia un piccolo potere ed immediatamente la prospettiva diventa una perfetta sconosciuta. Quindi massimo rispetto per chi porta avanti le cose con grande coraggio, ma, ahimè, non condivido la direzione presa. Detto questo, riconosco anche che è molto facile fare l’allenatore della Nazionale al bar, no? Fortunatamente non sono io che muovo le pedine, né vorrei esserlo. Il futuro lo lascio a chi gestirà la situazione».

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