Iacopo Balestri appende le scarpette al chiodo a 42 anni
«L’emozione dell’esordio all’Arena, le sfide in serie A con Gattuso, Ronaldo, Totti e Del Piero: quanti ricordi!»
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PISA. Iacopo Balestri appende le scarpette al chiodo. A 42 anni da compiere il prossimo 21 giugno, un pisano doc archivia 23 stagioni da senior (e 135 presenze in A), dal Pisa al Signa, nel paese dove ora risiede. «Dall’Eccellenza all’Eccellenza passando per la serie A. Potrebbe essere il titolo di un libro» , sorride l’ormai ex terzino sinistro, già pronto per una seconda carriera nel calcio.
Balestri, ha proprio deciso di ritirarsi?
«È una decisione ponderata, presa serenamente. Già volevo smettere alla fine della scorsa stagione, ma poi ho scelto di continuare il rapporto con il Signa. È stata una bella stagione, anche se sofferta. Ci siamo salvati all’ultima giornata in Eccellenza».
Quali sono le partite che non potrà mai dimenticare?
«Una è la prima che ho giocato all’Arena, contro la Cuoiopelli nella Coppa Italia Dilettanti. Ricordo tanta gente allo stadio, anche se era agosto e se la squadra era appena retrocessa. Indimenticabile l’esordio in serie A con il Modena contro il Milan di Gattuso. Ero emozionato: mi sentivo in un film, vicino a calciatori di cui, fino ad un attimo prima, attaccavo le figurine. Poi la finale playoff Torino-Mantova nel 2006: è incredibile giocare davanti a 60mila tifosi. Ricordo le sfide con il Milan di Ronaldo e con Totti, Del Piero, Rivaldo. Che spettacolo!».
Non tutti i ricordi potranno essere positivi...
«Non è stata piacevole la retrocessione dalla A con il Modena, perdendo l’ultima partita all’Olimpico con la Lazio. Ero capitano, sentivo il rammarico di non riuscire a salvare una città che aveva dato tanto a tutti noi. Fu la chiusura di un ciclo».
Pochi gol ma buoni, il più importante nei playoff 2006 in Torino – Cesena...
«Fu importante anche la rete che segnai per il Modena contro la Reggina. Eravamo sotto di un uomo, ma passammo in vantaggio grazie ad un mio tiro sbilenco, che però si insaccò. La mia unica rete in serie A. Nei playoff contro il Cesena realizzai con un cross, che entrò in porta senza che nessuno avesse toccato la palla».
Qual è il compagno più forte con cui ha giocato?
«Mozart, nella Reggina. Aveva un mancino fortissimo e una grande visione di gioco».
Lei ha vinto il suo primo campionato da profeta in patria, riportando il Pisa fra i professionisti nel 1996...
«Fu motivo di orgoglio giocare nella squadra della mia città e vincere un campionato, iniziando la mia carriera fra i professionisti. Poi però tornai in Eccellenza al Castelfiorentino».
Un passo indietro prima di proiettarsi verso il grande calcio...
«Lì è venuto fuori il carattere. Sono riuscito a trovare la spinta emotiva per tornare in alto. Passai in C1 al Montevarchi, che retrocesse in C2. Fui acquistato dal Modena. Con tanti giocatori nuovi e mister De Biasi trovammo la formula magica. Vincemmo la C1 e poi la B, con sette undicesimi all’esordio nella serie cadetta. D’incanto ci ritrovammo in A».
E ora? Rimarrà nel calcio?
«Solo un amante del calcio gioca fino a 42 anni. Vedremo ora quale sarà il ruolo più adatto a me».
Corrado è parmigiano di adozione, lei ha vissuto per qualche anno nella città emiliana: avete conoscenze in comune?
«Io ho giocato per due anni nelle giovanili del Parma, ma non ho avuto modo di conoscere il presidente del Pisa. Credo che dobbiamo ringraziarlo per aver salvato la società nerazzurra. Sarei felice se potessi incontrarlo».
Lei è retrocesso in C con la Salernitana nel 2010 e poi ha sfiorato il ritorno in B: qual è il segreto?
«Avere un grande spogliatoio: un gruppo omogeneo di persone, che sanno stare insieme e affrontare i momenti difficili» .
Furono molti i giocatori confermati o la dirigenza granata scelse di rivoluzionare la rosa?
«Rimanemmo in parecchi. I rapporti fra calciatori si erano fortificati fra le difficoltà. Non a caso so che a Salerno siamo la squadra più amata degli ultimi vent’anni».
Meglio un allenatore giovane o un mister esperto?
«Serve un mix di entusiasmo ed esperienza. Gattuso avrebbe avuto le giuste caratteristiche, per gestire la piazza e i giocatori in un’annata che non sarà facile».
Massimo Berutto
Balestri, ha proprio deciso di ritirarsi?
«È una decisione ponderata, presa serenamente. Già volevo smettere alla fine della scorsa stagione, ma poi ho scelto di continuare il rapporto con il Signa. È stata una bella stagione, anche se sofferta. Ci siamo salvati all’ultima giornata in Eccellenza».
Quali sono le partite che non potrà mai dimenticare?
«Una è la prima che ho giocato all’Arena, contro la Cuoiopelli nella Coppa Italia Dilettanti. Ricordo tanta gente allo stadio, anche se era agosto e se la squadra era appena retrocessa. Indimenticabile l’esordio in serie A con il Modena contro il Milan di Gattuso. Ero emozionato: mi sentivo in un film, vicino a calciatori di cui, fino ad un attimo prima, attaccavo le figurine. Poi la finale playoff Torino-Mantova nel 2006: è incredibile giocare davanti a 60mila tifosi. Ricordo le sfide con il Milan di Ronaldo e con Totti, Del Piero, Rivaldo. Che spettacolo!».
Non tutti i ricordi potranno essere positivi...
«Non è stata piacevole la retrocessione dalla A con il Modena, perdendo l’ultima partita all’Olimpico con la Lazio. Ero capitano, sentivo il rammarico di non riuscire a salvare una città che aveva dato tanto a tutti noi. Fu la chiusura di un ciclo».
Pochi gol ma buoni, il più importante nei playoff 2006 in Torino – Cesena...
«Fu importante anche la rete che segnai per il Modena contro la Reggina. Eravamo sotto di un uomo, ma passammo in vantaggio grazie ad un mio tiro sbilenco, che però si insaccò. La mia unica rete in serie A. Nei playoff contro il Cesena realizzai con un cross, che entrò in porta senza che nessuno avesse toccato la palla».
Qual è il compagno più forte con cui ha giocato?
«Mozart, nella Reggina. Aveva un mancino fortissimo e una grande visione di gioco».
Lei ha vinto il suo primo campionato da profeta in patria, riportando il Pisa fra i professionisti nel 1996...
«Fu motivo di orgoglio giocare nella squadra della mia città e vincere un campionato, iniziando la mia carriera fra i professionisti. Poi però tornai in Eccellenza al Castelfiorentino».
Un passo indietro prima di proiettarsi verso il grande calcio...
«Lì è venuto fuori il carattere. Sono riuscito a trovare la spinta emotiva per tornare in alto. Passai in C1 al Montevarchi, che retrocesse in C2. Fui acquistato dal Modena. Con tanti giocatori nuovi e mister De Biasi trovammo la formula magica. Vincemmo la C1 e poi la B, con sette undicesimi all’esordio nella serie cadetta. D’incanto ci ritrovammo in A».
E ora? Rimarrà nel calcio?
«Solo un amante del calcio gioca fino a 42 anni. Vedremo ora quale sarà il ruolo più adatto a me».
Corrado è parmigiano di adozione, lei ha vissuto per qualche anno nella città emiliana: avete conoscenze in comune?
«Io ho giocato per due anni nelle giovanili del Parma, ma non ho avuto modo di conoscere il presidente del Pisa. Credo che dobbiamo ringraziarlo per aver salvato la società nerazzurra. Sarei felice se potessi incontrarlo».
Lei è retrocesso in C con la Salernitana nel 2010 e poi ha sfiorato il ritorno in B: qual è il segreto?
«Avere un grande spogliatoio: un gruppo omogeneo di persone, che sanno stare insieme e affrontare i momenti difficili» .
Furono molti i giocatori confermati o la dirigenza granata scelse di rivoluzionare la rosa?
«Rimanemmo in parecchi. I rapporti fra calciatori si erano fortificati fra le difficoltà. Non a caso so che a Salerno siamo la squadra più amata degli ultimi vent’anni».
Meglio un allenatore giovane o un mister esperto?
«Serve un mix di entusiasmo ed esperienza. Gattuso avrebbe avuto le giuste caratteristiche, per gestire la piazza e i giocatori in un’annata che non sarà facile».
Massimo Berutto