Il Tirreno

Pisa

Il caso

Camp Darby snobba Elon Musk, scade l’ultimatum e in pochi rispondono. I danni al territorio per i conti "congelati"

di Danilo Renzullo

	Una veduta di Camp Darby
Una veduta di Camp Darby

I dipendenti della base Usa non si adeguano all’ordine di elencare le mansioni svolte. Il blocco delle carte di credito mette in crisi l’indotto: milioni di euro “congelati”

3 MINUTI DI LETTURA





PISA. Prima l’ultimatum, poi la retromarcia, infine il contrordine. Al quale la maggior parte dei dipendenti statunitensi della base militare Usa di Camp Darby non si è adeguato. Boicottando, in pratica, l’ordine di Elon Musk, l’istrionico multimiliardario a capo del Dipartimento per l’efficienza del governo (Doge) degli Stati Uniti, di elencare in cinque punti il lavoro svolto nell’ultima settimana. Obiettivo: valutare ogni singola posizione ed, eventualmente, licenziare i lavoratori non ritenuti fondamentali alla macchina amministrativa dello Stato. Su un centinaio di richieste arrivate nei giorni scorsi ai dipendenti civili di Camp Darby, sono seguite pochissime risposte entro il termine – scaduto ieri – indicato dal dipartimento guidato dal braccio destro di Trump. La maggior parte dei dipendenti ha seguito le direttive del Pentagono, dell’Fbi e di altri dipartimenti Usa di non rispondere a quella sorta di “provocazione”.

La valutazione

Le (poche) risposte consegnate – parte del pacchetto di oltre 2,3 milioni di mail spedite ad altrettanti lavoratori pubblici statunitensi – saranno sottoposte al vaglio di un programma di intelligenza artificiale che dovrà valutare il ruolo dei singoli dipendenti. Rischia invece il licenziamento in tronco – come “promesso” da Musk sui social network – il personale che non si è adeguato alla richiesta. L’obiettivo, mai chiarito, potrebbe essere quello di sottoporre ad una ferrea spending review gli organici statali, attraverso una sorta di roulette rossa, nell’ambito di un programma di riorganizzazione delle agenzie federali che, secondo Musk, dovrebbe portare al «taglio di tutte le spese inutili riducendo le spese di duemila miliardi di dollari».

Blocco assunzioni

Un piano che si è materializzato anche con il blocco di tutte le assunzioni, a partire da quelle dei dipendenti civili italiani nelle basi militari. Come anticipato da Il Tirreno la scorsa settimana, anche a Camp Darby è stata recapitata l’ultima direttiva del Doge che impone lo stop a tutte le procedure di reclutamento. Stop al potenziamento degli organici, ma stop anche alle sostituzioni di personale in congedo e di quello che ha raggiunto il traguardo della pensione. Un blocco, a tempo indeterminato, che nell’enclave a stelle e strisce che sorge tra Pisa e Livorno si è tradotto nella momentanea cancellazione delle procedure per il reclutamento di alcune decine di persone che sarebbero dovute entrare negli organici della base, formati da circa cinquecento civili.

Stop pagamenti

A preoccupare maggiormente è però il blocco imposto da Musk ai pagamenti con le carte di credito governative in uso al personale militare e civile dei vari dipartimenti della base. Da giorni, nessun pagamento è più possibile (sono assicurati solo i “versamenti” previsti dagli appalti) per l’acquisto di forniture e di tutto quello che necessita l’installazione militare. L’effetto immediato è stato lo stop a tutte le commesse e all’acquisto di materiali e merci – anche di quelli già programmati – con inevitabili ricadute negative sul territorio. Ammonta annualmente, in media, a circa 18 milioni di euro la “spesa” commerciale della base, la maggior parte “riversati” sulle province di Pisa e Livorno. Il “congelamento” delle carte di credito avrebbe provocato già una contrazione da milioni di euro sull’economia locale.

Le richieste

Preoccupazioni confluite in una lettera che le organizzazioni sindacali hanno inviato all’ambasciata Usa in Italia, al ministero degli Interni e alla commissione statunitense competente, la Jcpc, al vertice di tutte le basi Usa in Italia, chiedendo la convocazione di un tavolo per chiarire le intenzioni del governo statunitense.


 

In evidenza
Economia

Dazi di Trump, è la Toscana la seconda regione d’Italia più esposta nell’agroalimentare: i nostri prodotti più a rischio

Sani e Belli