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Parigi 2024: il protagonista

Scherma, la dinastia Macchi: il rapporto di Filippo col nonno Carlo, la carriera da calciatore e la palestra dove tutto è iniziato

di Francesco Paletti
Filippo Macchi agli esordi, insieme al nonno Carlo e il campione di fioretto mentre protesta per la decisione dell’arbitro sull’ultima stoccata della finale
Filippo Macchi agli esordi, insieme al nonno Carlo e il campione di fioretto mentre protesta per la decisione dell’arbitro sull’ultima stoccata della finale

Cinquant’anni fa Carlo, il nonno, fondò il Gruppo sportivo Navacchio: il campione dedica a lui ogni punto con gli occhi verso il cielo

31 luglio 2024
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CASCINA. Gli occhi verso il cielo e il dito puntato in alto, quasi ad ogni assalto vincente. Per ogni punto conquistato, una dedica speciale, un modo istintivo e spontaneo per rafforzare quel legame fortissimo che non si è mai interrotto. Nemmeno quando, il 22 aprile 2019, nonno Carlo Macchi se n’è andato dopo una lunga malattia, a 71 anni. È a lui che Filippo, il nipote e il campione, ha dedicato quasi ogni stoccata andata a bersaglio due giorni fa sulla pedana di Parigi, tutte quelle che lo hanno portato a conquistare l’argento olimpico a 23 anni ancora da compiere. Un trionfo comunque, al netto dell’amarezza per l’arbitraggio e di quel che poteva essere (l’oro) e non è stato.

Quel legame

Per raccontarne la storia e le radici, però, bisogna ritornare per forza a quel legame fra il nonno e i nipote e, quindi, necessariamente, anche aprire il libro della storia della scherma cascinese, andare a ritroso nel tempo di 50 anni e tornare al 1974, a quando Carlo Macchi, uno dei primi allievi di Antonio Di Ciolo divenuto maestro di scherma a sua volta, fondò il Gruppo sportivo Scherma Navacchio, nella popolare e popolosa frazione a cavallo della Tosco-Romagnola, che poi qualche anno dopo, si trasformerà in Circolo, mantenendo la stessa denominazione.

Da allora, a Cascina scherma fa rima con Macchi, con questa famiglia che da tre generazioni vive 24 ore al giorno di sport e di scherma, appunto. «Abbiamo anche una ditta che produce materiale sportivo per tutti i praticanti di questa disciplina», dice babbo Simone da Parigi dove, insieme alla mamma Michela, sta seguendo il figlio campione sulla pedana olimpica.

Le generazioni

Il papà è anche il direttore sportivo del Circolo Scherma Navacchio. Sulla poltrona di presidente, invece, da quando nel 2019 è scomparso Carlo Macchi, siede Antonella Del Tredici, la nonna del fuoriclasse cascinese. «Ma nelle attività siamo tutti coinvolti, soprattutto da quando mio padre è venuto a mancare: non solo il sottoscritto e mia madre, ma anche mia moglie Michela, mio fratello e la sua compagna – racconta Simone Macchi –. Portare avanti una palestra del genere è impegnativo e ce ne siamo resi conto soprattutto da quando non c’è più il babbo, dato che trascorreva lì quasi tutto il suo tempo. Era il sogno che aveva realizzato e lì ha mosso i primi passi anche Filippo».

Il sogno e la storia

Va raccontato allora quel sogno che si chiama Palasport “Centro 360 gradi” e si trova in via Giulio Guelfi a Casciavola, a due passi dalle “Russo”, le scuole medie della frazione cascinese. «La posa della prima pietra fu nel 2006, l’inaugurazione tre anni dopo – racconta –: è il primo impianto privato progettato e realizzato per la scherma, anche se all’interno svolgiamo anche altre attività come corsi di ginnastica correttiva e posturale, campi estivi per bambini e progetti con persone non vedenti e ragazzi autistici. Lo abbiamo costruito su un terreno di proprietà comunale che l’amministrazione ci ha concesso in uso per trent’anni». È lì che Filippo Macchi ha cominciato a muovere i primissimi passi e, soprattutto, dove è ritornato dopo quella “sbandata” di qualche anno per il calcio.

La palestra e la proposta

Ed è in quella palestra che è nato e si è rafforzato nel tempo il legame con il nonno: «Ha un bellissimo rapporto con tutti, ma il loro rapporto era speciale. Non saprei il motivo, ma forse c’entra anche il fatto che fu proprio il nonno a riportarlo a praticare scherma quando aveva quasi dieci anni». Giocava a calcio, portiere nelle fila del Calci, Filippo Macchi.

Quando il nonno gli fece quasi una proposta “indecente”. Che suonò più o meno così: “La prossima settimana partecipiamo a un torneo nazionale a Firenze: lo so che è molto tempo che non ti alleni, ma se ti va, io ti porto lo stesso a gareggiare”. «Come andò? Che Filippo (Macchi, ndr), non solo accettò, ma arrivò anche settimo: da allora non ha più smesso», dice Antonella Del Tredici, sì la nonna ma anche la presidente del Circolo Scherma Navacchio, società che oggi conta una sessantina di tesserati.

L’effetto Macchi

Magari lieviteranno, trascinati proprio dalle prodezze del campione di casa: «Se ci sarà un “effetto Macchi”? Sinceramente me lo auguro, non solo per la nostra palestra, ma per tutto il movimento della scherma italiana», dice Simone Macchi. Che poi, si spoglia dei panni del direttore sportivo, per mettere quello di genitori. Ed esulta, per due motivi: «Perché Filippo ha fatto una gara pazzesca per intensità, continuità e capacità di gestione dei momenti di difficoltà, incluso l’infuocato finale. Quando, dopo, l’ho sentito dire che un uomo di sport deve sempre rispettare le decisioni arbitrali e che non vuole alcun alibi, ho capito davvero che il ragazzo era cresciuto ed era diventato un uomo». No, dei torti subiti in casa Macchi proprio quasi non se ne parla. Con una piccola, e comprensibile, eccezione: «Senta, me la fa dire una cosa, forse, politicamente scorretta? – mette le mani avanti nonna Antonella–. La medaglia d'oro gliel’hanno scippata. Mi scusi, ma non ce la faccio a trattenermi».

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