Il Tirreno

Pisa

Il processo

Caso Scieri, la versione concordata tra i caporali e le risposte mancanti

di Libero Red Dolce
L’ingresso della caserma Gamerra dove venne trovato il cadavere di Emanuele Scieri
L’ingresso della caserma Gamerra dove venne trovato il cadavere di Emanuele Scieri

Pisa, sentito l’istruttore Cinelli: «Dite che dormivamo»

18 settembre 2022
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PISA. Più il tempo scorre più l’ex caporale istruttore Emanuele Cinelli, che era sull’autobus di Emanuele Scieri la mattina del giorno in cui morì, fa mostra di non ricordare il contenuto di una telefonata con un collega intercettata nel 2000. Una frase ambigua, interpretabile. E strana, ancora più se si considera che si riferisce alla notte in cui Scieri fu ucciso alla caserma Gamerra. «Digliele queste cose», disse Cinelli al collega Ivan Mesiti riferendosi a un altro commilitone, Tatasciore. «Sennò quando va là gli dice qualche altra cosa. E addio».

Cosa avrebbe dovuto dire Tatasciore imbeccato da Cinelli? Il riferimento è a una versione, parrebbe da concordare assieme, riguardo alla loro presenza al contrappello. I due, Tatasciore e Mesiti, avrebbero dovuto dire a chi li interrogò di dormire entrambi. Ma perché?

Non c’è una spiegazione. Di sicuro non la dà Cinelli, ascoltato ieri in aula al tribunale di Pisa e che su queste questioni fu ascoltato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul caso Scieri.

Nel 2016, quando fu audito in quella sede, Cinelli spiegò di non ricordare il perché di quella telefonata. Stessa risposta che l’uomo ha restituito ieri di fronte alla Corte d’Assise di Pisa per il processo che vede per accusati omicidio volontario in concorso Luigi Zabara, 44 anni, di Castro dei Volsci (Frosinone) difeso dagli avvocati Andrea Di Giuliomaria e Mariateresa Schettini, e Alessandro Panella, 42 anni, di Cerveteri, avvocato Andrea Cariello.

Incalzato dalle domande delle difese, delle parti civili e dell’accusa, Cinelli imbastisce una spiegazione: «Probabilmente si trata di una telefonata fatta tra tre ragazzi che erano andati a prendere gli allievi e che cercavano di aiutarsi l’un l’altro».

Il riferimento è al tragitto autobus per arrivare alla caserma di cui si è accennato all’inizio. Sia Cinelli che Tatasciore e Mesiti erano infatti gli accompagnatori che portarono dei bus carichi di militari, perlopiù reclute, alla caserma Gamerra. E durante il percorso, come è stato accertato anche in sede legale, fecero degli atti di nonnismo ad alcuni ragazzi. In particolare la Sfinge, una pratica che impone di rimanere immobili con la schiena staccata dalla spalliera del sedile e le mani sulle ginocchia. Il tutto con i finestrini chiusi e l’aria calda accesa. Era il 13 agosto 1999 e su uno di quegli autobus viaggiava Scieri.

Per le violenze infierite in quel giorno i tre caporali Tatasciore, Cinelli e Mesiti vennero condannati dal Tribunale Militare di La Spezia per violenza contro inferiore aggravata in concorso formale.

«Perché preoccuparsi di dare una versione unanime sul contrappello, che avveniva molte ore dopo l’episodio della Sfinge?», chiede a Cinelli la presidente della Corte Beatrice Dani. «Non ricordo e non lo so dire», risponde Cinelli. Un’ambiguità tante volte interrogata e mai risolta.

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