Il Tirreno

Carlo Lucarelli e il suo “Bell’abissina” a Elba Book Festival

di Matteo Bianchi
Carlo Lucarelli e il suo “Bell’abissina” a Elba Book Festival

Lo scrittore affronta il tema del ventennio fascista: “Quel periodo spiega esaustivamente un certo modo di essere italiani, in senso negativo ovviamente”

16 luglio 2024
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Rio nell’Elba. Sarà Carlo Lucarelli l’ospite tanto atteso della seconda serata di Elba Book Festival. Mercoledì 17 alle 21:30, in piazza Matteotti, a Rio nell’Elba, lo scrittore e volto televisivo racconterà con Eleonora Carta dell’attenzione nella letteratura poliziesca. Nel suo ultimo Bell’abissina (2022) il commissario Marino, che agisce tra gli anni Trenta e Quaranta, dirige la questura di Cattolica, sulla riviera romagnola, dove si trova a risolvere una serie di omicidi, nonché a salvare la vita a una persona a lui molto cara. In Indagine non autorizzata (1993), invece, stava sempre in riviera, a Rimini, e sapeva di essere il più bravo di tutti, ma non riusciva a fare carriera poiché gli altri erano più “immanicati” di lui – grazie agli immancabili agganci politici – e avevano temperamenti più rampanti. Ci ha provato e ha fallito, concludendo il romanzo arrabbiato con se stesso, con la vita e soprattutto con il Regime. Nel noir storico tradizionale si è alla ricerca di un equilibrio tra un’indagine che si dipana e un investigatore che si rivela, mostrando il suo carattere e le sue debolezze.

Lucarelli, perché dopo trent’anni ha deciso di tornare proprio su questo personaggio?

«Mi hanno chiesto di creare Marino nel ’93, per i Gialli Mondadori, con un profilo classico e ambientato nel periodo fascista, che avevo approfondito storicamente in diverse occasioni. Dopo la pubblicazione di Indagine non autorizzata mi rimase la curiosità nei confronti dei suoi effettivi fallimenti, esistenziali e non. E per l’anniversario della collana in questione, sempre su richiesta, ho deciso di riportarlo tra noi. L’età anagrafica, quella accumulata da me e dai lettori, però non coincide mai con quella letteraria; difatti tra i due casi sono trascorsi circa tre anni».

Il ventennio fascista domina le prospettive del protagonista e di chi ha intorno.

«È un periodo in cui affiorano tante radici di ciò che siamo oggi, troppe, e spiega esaustivamente un certo modo di essere italiani, in senso negativo ovviamente. È stato un momento dalle tinte noir nel quale è interessante ambientarci delle storie poliziesche. Ho cercato di battere ogni angolo del Ventennio, dal conflitto al colonialismo».

Quali sono i temi di Bell’abissina che hanno un’attinenza con il presente?

«Uno degli spunti che ha motivato è stata la lettura dei furti perpetrati durante il Regime. E la connessione con l’attualità sta sia nella finanza criminale sia nella politica che ruba, che in dittatura avveniva di natura, non essendoci controlli per i gerarchi. L’altro spunto spigoloso riguarda il razzismo, il rapporto con l’altro percepito in quanto diverso, in un frangente in cui il razzismo era diventato legale, istituzionale. Senza tralasciare che il genere giallo si alimenta della metà oscura che abita i suoi personaggi».

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