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L’ex olimpionico Venturini si confessa: «Serve sofferenza per vincere»

di Stefano Baccelli
Venturini con suo figlio e suo nipote
Venturini con suo figlio e suo nipote

Medaglia di bronzo nel “trap” di tiro a volo a Barcellona 1992, ha scritto un libro: dalla sua esperienza di campione a quella di inventore

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LARCIANO. «Ho scritto il libro in 15 giorni e si può leggere tutto d’un fiato». E così Marco Venturini, medaglia di bronzo nel “trap” di tiro a volo alle Olimpiadi di Barcellona 1992 scopre un altro filone nella sua poliedrica esistenza. Dopo la sua professione di farmacista, la passione per la caccia, il talento del campione sportivo e l’ingegno dell’inventore, ecco che spunta la vena letteraria. «L’ho fatto per mio nipote Giulio, nato del 2022. Essendo avanti con gli anni (64 compiuti a luglio) ho voluto lasciargli una testimonianza della vita di suo nonno». Nato a Pistoia ha vissuto l’infanzia nella frazione di Candeglia prima di trasferirsi con i genitori, Piero Venturini e Giovanna Lottini, in Valdinievole. Figlio di farmacisti, che si sono conosciuti al liceo classico Forteguerri e laureati insieme, lui stesso con la medesima laurea (dopo studi scientifici) gestisce a Larciano la farmacia di famiglia. «La tradizione – rivela – prosegue con mio figlio, pure lui laureato nella stessa disciplina». Quella è però la professione, mentre la passione lo porta ad essere un inventore. Per la “Cheddite” di Livorno, azienda che opera pure in Svizzera e Francia divisione Bornaghi, progetta munizioni.

E qui una rivelazione che può sorprendere: “Studio a fondo ogni dettaglio affinché le cartucce possano migliorare le proprie performance. Ho progettato le munizioni con cui ha sparato Adriana Ruano-Oliva, la tiratrice guatemalteca che ha vinto la medaglia d’oro a Parigi 2024 nella Fossa Olimpica femminile. Con il suo ingegno è così andato oltre il famoso terzo posto alle Olimpidi di Barcellona quando fu preceduto dal cecoslovacco Petr Hrdlicka e il giapponese Kazumi Watanabe. Nel libro Venturini racconta la sua carriera di tiratore, tra più longevi della storia, durata ben venti anni. «Ci sono state le vittorie e anche le sconfitte. Proprio le seconde sono oggetto delle mie attenzioni. Credo e spero che leggendo il libro i tiratori, specie quelli più giovani, possano trarne giovamento. È proprio da una sconfitta, o meglio da un dolore profondo che ancora gli grava come un pugno sullo stomaco ad averlo introdotto allo sport, quando non aveva più voglia di niente. «Un mio amico aveva perso la vita in uno scontro stradale in cui purtroppo ero alla guida. Fui assalito dalla disperazione e servì tantissimo tempo per farmi tornare la voglia di vivere. In quel preciso momento era però iniziata in me una lenta maturazione che mi portò ad essere più forte di prima nello sport. Avevo imparato a convivere con la sofferenza. È quella che serve per vincere». Venturini non riteneva di essere in grado di scrivere un libro e adesso che ha raggiunto l’interesse di tutte le piattaforme.

E continua a stupirsi: «Le parole scritte lì non sembrano uscite dalla mia testa. Devo dire con soddisfazione che la casa editrice non abbia corretto nulla. Il libro è stato stampato esattamente come era stato scritto. Volevano cambiare il titolo da “Un piattello per volta” in “Un piattello alla volta”. Mi sono opposto». Venturini si è molto soffermato sulla eticità dell’attività venatoria. «Nel libro spiego come il cacciatore sia protagonista di autentico amore per la natura e per gli animali – dice –il sentimento e la purezza d’animo dei cacciatori la racconto nel libro. Sono concetti che non si posso liquidare in una battuta». Nel libro Venturini racconta anche tutta la sua vita, dall’infanzia in Candeglia fino alla maturità vissuta a Lamporecchio e Larciano.

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