«Assolto nei processi ma messo alla gogna»
L’imprenditore alberghiero Francesco Rastelli si difende dopo il provvedimento di confisca del suo patrimonio
Luca Signorini
Montecatini. «A partire dal 2007 sono stato coinvolto in un lunghissimo procedimento penale e patrimoniale (quest'ultimo attualmente in corso) per accuse a mio carico che, dopo 13 anni, avevano visto decretare la mia assoluzione da parte della Suprema Corte di Cassazione (30 gennaio 2020), a riconferma della sentenza di primo grado che già mi aveva visto assolto perché i fatti contestati non sussistevano». Comincia così una lunga lettera di Francesco Rastelli, imprenditore originario del Napoletano a cui fanno capo tre alberghi di Montecatini: l’Hotel Terme Pellegrini di piazza del Popolo, l’Hotel Medici di via Montebello e l’Hotel Le Fonti di viale San Francesco d’Assisi. Le strutture e altri beni – per un valore totale di 10 milioni di euro – sono stati prima sequestrati (nel luglio dello scorso anno) e poi confiscati (un mese fa) con provvedimento del Tribunale di Firenze. Per i giudici, l'uomo è ritenuto legato ad ambienti della Camorra, in particolare al clan Formicola.
Lui si difende: «Il procedimento, questa volta solo patrimoniale, sulla base degli stessi identici elementi che già diversi giudici avevano analizzato a fondo, espone me, la mia famiglia e i miei collaboratori al pregiudizio di una piccola cittadina e alla gogna mediatica».
«Durante il processo penale – continua – il pubblico ministero aveva espresso parere favorevole al dissequestro dei beni, in quanto risultati di lecita costituzione e conduzione. Durante una delle udienze, lo stesso Pm dichiarava che fosse "pacifica" la mia estraneità ai sodalizi criminali e che, addirittura, fossi un personaggio che detestava quegli ambienti del "malaffare". Sembra ovvia la conclusione che non ho mai subito alcuna condanna per reati di associazione a delinquere di nessuna natura e a nessun titolo».
Per Rastelli, la confisca dei beni è «sulla base di supposizioni e ipotesi dibattute e appurate durante il procedimento già concluso, con produzioni difensive rimaste completamente inascoltate e ignorate, in barba al “diritto di difesa”».
Il Tribunale, evidenzia l'imprenditore alberghiero, «non ha fatto a meno della mia professionalità, nominandomi consulente delle mie aziende con regolare contratto e compenso». Conclude: «Da persona onesta e civile, rispetto la sentenza di primo grado. Nelle sedi e nei modi che la legge consente, porterò avanti la mia battaglia personale per la giustizia e l'onestà, per poter riacquistare la dignità troppe volte calpestata».
© RIPRODUZIONE RISERVATA