Il Tirreno

Giustizia

Carrara, tutti assolti gli imprenditori per l’inchiesta “nero alle cave”

Carrara, tutti assolti gli imprenditori per l’inchiesta “nero alle cave”

Si chiude così la vicenda giudiziaria che destò scalpore e iniziò 11 anni fa, sul banco degli imputati erano finiti i fratelli Simonelli e i fratelli Venezia

01 ottobre 2024
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CARRARA. Sono stati tutti assolti gli otto imputati – tra i quali figuravano nomi eccellenti di imprenditori del marmo carraresi – che erano rimasti invischiati nella maxi inchiesta battezzata Nero alle cave. Parliamo dell’emersione – era il 2013 – di un presunto sistema di sotto-fatturazione relativo a attività imprenditoriali il cui cuore produttivo era al monte. A undici anni di distanza si chiude una vicenda che suscitò uno tsunami. Per mesi – nella Capitale della Pietra – non si parlò d’altro: in cava e in segheria, a Palazzo civico, nelle stanze dei bottoni come, va da sé, nei bar. Ieri, a Massa, dal Tribunale in composizione collegiale – presidente il giudice Fabrizio Garofalo – è giunta la sentenza di assoluzione per tutti gli otto imputati che dovevano rispondere del reato di riciclaggio.

Le indagini

È il 2013 quando Black Marble viene alla luce. Condotte dalla guardia di finanza e coordinate dall’allora procuratore-capo della Procura di Massa Aldo Giubilaro, le indagini erano partite due anni prima – pedinamenti, intercettazioni, rogatorie, perquisizioni – e avevano avuto nel sequestro del portatile di un broker quello che era sembrato un punto di svolta.

In trenta nelle maglie

Si parla di paradisi fiscali, di valige viaggianti stracolme di banconote, di triangolazioni di soldi, di un vortice di denaro in contante ritirato da intermediari indiani e portati a Carrara. Nella narrazione del tourbillon ci sguazza la città-intera. L’inchiesta è nelle mani del pubblico ministero Rossella Soffio: trenta sono gli indagati. I reati contestati vanno dalla dichiarazione fraudolenta al riciclaggio, ricettazione e per gli intermediari indiani, residenti nel Nord Italia, di prestazione di servizi di pagamento senza autorizzazione.

Tanto rumore. ..

Nel luglio 2023, a dieci anni di distanza dall’emersione di quello che alla città sembrò uno scandalo, l’inchiesta si sgonfia: inaspettatamente rispetto a come era partita. Il giudice per le indagini preliminari Dario Berrino decide che possono essere stralciate le posizioni di molti imprenditori e non solo; molte accuse cadono perché è intervenuta la prescrizione del reato. Nell’estate 2023, dunque, il gip Berrino decide che dei trenta indagati, devono andare a processo in otto.

Alla sbarra

E così rinvia a giudizio: Eugenio Venezia, Giuliano Venezia, Maria Pia Venezia, Paolo Zanzanaini, difesi dagli avvocati Patrizia Baccigalupi del Foro di Massa-Carrara e Enrico Marzaduri del Foro di Lucca; Giovanni Simonelli, difeso dall’avvocato Giovanni Altadonna del Foro di Massa-Carrara; Andrea Simonelli, difeso dall’avvocato Valentina Ramacciotti del Foro apuano; Fabio Braccini e Kapur Munish, difesi dagli avvocati Luca Pietrini del Foro di Massa-Carrara e dal professor Giovanni Flora del Foro di Firenze. Devono difendersi dall’accusa di riciclaggio. A dicembre 2023 si apre il processo.

Il primo teste 

Nell’udienza dibattimentale il primo testimone dell’accusa che sfila è un luogotenente della guardia di finanza che ha seguito le indagini. E poi cosa accade? Che il collegio giudicante revoca l’ammissione di tutti i testi dell’accusa e della difesa, ritenendo di poter già pronunciare la sentenza.

Si chiude

In un’aula del Tribunale di Massa, dunque, le parti ieri sono state invitate a discutere. Ed è stato lo stesso pubblico ministero Marco Mansi a chiedere l’assoluzione degli imputati alla luce di quanto emerso nella fase dibattimentale del procedimento. Dopo la discussione, il Collegio giudicante si è ritirato e dopo venti muniti di Camera di Consiglio è arrivata la sentenza – di assoluzione – le cui motivazioni si potranno leggere entro 15 giorni. Il Collegio ha ritenuto che le condotte contestate non configurassero ipotesi di riciclaggio, bensì ipotesi più lievi di reato fiscale a oggi tuttavia prescritto, per il decorso del tempo e, comunque, estinto per avere definito – gli imprenditori coinvolti – ogni pendenza con il fisco. Con l’assoluzione scatta il dissequestro di tutto ciò che era stato “requisito” agli imprenditori fin dal 2013: dai conti correnti ai beni immobili.
 

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