«Occorre chiudere le cave e riconvertire, le istituzioni ci aiutino»
L’appello di Salviamo le Apuane a enti, sindacati, vescovi e partiti politici: «Una mediazione possibile esiste»
massa carrara. Hanno scritto a tutti, Regione, Province di Massa Carrara e Lucca, sindaci, tutti i parriti che operano sul territorio e tutti i sindacati. Ma anche ai vescovi delle diocesi di Lucca e di Massa Pontremoli, passando per ambientalisti e comitati vari. Il tema? Ovviamente le cave, le problematiche ambientali che ne sono connesse e la necessità di tutelare un patrimonio come le Alpi Apuane.
La lettera in questione porta la firma di “Salviamo le Apuane”, uno dei movimenti che da tempo si batte per la salvaguardia di questo patrimonio naturale. E la richiesta è netta: il movimento vuole che istituzioni, politica e autorità eclesiastiche, si facciamo mediatrici per la soluzione del problema Alpi Apuane. «Il problema apuano è enorme – scrivono –. Pertanto, se non vogliamo ridurre il territorio del Parco delle Apuane nella situazione in cui si trova la montagna di Carrara abbiamo davanti un’unica strada, peraltro già deliberata dalla Regione Toscana nel 2014 quando approvò la prima versione del Pit regionale, e cioè una chiusura progressiva delle cave a fronte di una riconversione economica che crei più posti di lavoro degli attuali. Una mediazione possibile esiste. Carrara per il marmo e il territorio del Parco per l’ambiente e l’economia alternativa, dismettendo nei Comuni del Parco completamente l’escavazione, accrescendo, in quei Comuni, e di molto, la lavorazione artigianale del marmo cavato esclusivamente a Carrara e potenziando e attivando le forme dell’economia alternativa. Ciò aiuterà a evitare ogni shock occupazionale nella fase in cui si chiuderanno cave e si costruirà e potenzierà l’economia alternativa al marmo.
I termini della mediazione per l’associazione sono chiari. Intanto «il marmo si cava ed estrae solo nei bacini di Carrara e parzialmente Massa (fissando e lanciando in esclusiva il Marchio Marmo di Carrara)». Inoltre «le cave negli altri Comuni e nel territorio del Parco Regionale (comprese le porzioni di Carrara e Massa) delle Apuane vanno a chiusura progressiva tutte (alla scadenza della concessione in atto)». Chiusure che devono andare di apri passo con l’attivazione o riattivazione di «laboratori di lavorazione (in artigianato di qualità) del marmo cavato esclusivamente a Carrara (e parzialmente a Massa) e che all’80% dovrà essere lavorato localmente». L’associazione fa riferimento ai finanziamenti possibile da Regione e Pnrr per il ripristino ambientale nel Parco e il rilancio dell’economia alternativa nei Comuni del Parco.
«È una mediazione ragionevole e seria – affermano gli attivisti di Salviamo le Apuane –. La continuazione delle lavorazioni in cava per l’asportazione dei ravaneti e il ripristino ambientale assieme alla creazione o riapertura dei laboratori permetterà l’assorbimento del personale che operava nell’escavazione. In questo modo Carrara non avrà modifiche occupazionali ma dovrà cambiare i destinatari del marmo che si dovrà lavorare per l’80% in loco. I Comuni del Parco vedranno chiudere i siti di escavazione che saranno, tuttavia, oggetto di ripristino ambientale e di pulizia dai ravaneti, permettendo, per un periodo cuscinetto, di mantenere parte dell’occupazione. La creazione, riapertura, potenziamento dei laboratori permetterà di assorbire l’altra parte di ex cavatori in questi opifici. Il territorio delle Alpi Apuane, nel complesso, avrà l’occasione di attivare piani di sviluppo in attività turistiche, agricole, forestali, pastorali, artigianali, commerciali, dei servizi e delle nuove energie e tecnologie, attivando lo sviluppo sostenibile delle sue valli». L’associazione propone con urgenza l’apertura di «un tavolo di discussione e lavoro che riprenda il percorso dove fu interrotto nel 2015». –
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