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Lucca

Calcio: Serie C

Lucchese, vent’anni di cambi societari: perché senza un vivaio non si va lontano

di Luca Tronchetti
Un'azione dell'ultimo match
Un'azione dell'ultimo match

Vanno seguiti gli esempi di Atalanta, Empoli e Cesena: valorizzazione delle risorse locali

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LUCCA. Forse la sfida con la Spal – rivale storica anch’essa caduta in basso, ma dopo aver disputato almeno sei-sette stagioni tra e A e B – sarà l’ultima targata Gruppo Bulgarella. O forse ci vorrà ancora un’altra settimana. Ma ormai questa dirigenza è al capolinea. I problemi di salute del presidente, l’assenza dell’amministratore delegato Salvatore Ray Lo Faso già calciatore del Cinisi, la presenza impalpabile di un direttore generale Luigi Conte di cui ci sfugge l’utilità e i colloqui che ormai paiono stringersi su un paio di cordate. Non sappiamo chi saranno i nuovi padroni del bastimento. Ne abbiamo viste tante negli ultimi 20 anni.

La cronistoria

Dopo la presidenza Aldo Grassi – che avrà avuto tanti difetti, ma pagava come una banca e nessuno si è mai lamentato – la Lucchese è passata di mano in mano: da Fouzi Hadj finito addirittura nel carcere di Marassi a Giovanni Valentini e Giuliano Giuliani azzerati da un’inchiesta della procura poi archiviata, da Nicola Giannecchini e i soci lucchesi che hanno riportato il club dall’Eccellenza in C ma che non avevano disponibilità per fare di più, a Andrea Bacci e Arnaldo Moriconi, ai quattro lucchesi (Santoro, Deoma, Vichi, Russo) che attraverso gli sponsor hanno portato due volte ai playoff sino ad Andrea Bulgarella che ha speso tanto, ma ha commesso tanti errori.

Il vivaio

Il tutto passando anche attraverso i tanti “personaggetti” e “millantatori” che hanno fatto finta di prendere il club (uno su tutti Lorenzo Grassini assieme al dg Fabrizio Lucchesi) o “uomini di paglia” come i romani Aldo Castelli e Umberto Ottaviani finiti a giudizio per il terzo crac della Lucchese. E scusate se ce ne siamo dimenticati alcuni, ma sulle tormentate vicende societarie ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia. Ma in questi 20 anni non è stata fatta l’unica cosa da fare: la cura del settore giovanile. Senza strutture e istruttori – cullando il sogno, come nelle favole, che a Lucca piombi lo sceicco, il magnate o il petroliere amante del calcio – una città di provincia è destinata ai margini del pallone. Con il Gruppo Superal oltre ai tanti bravi giocatori che i club di A più blasonati (Inter, Milan, Juve e Fiorentina) prestavano alla Lucchese c’era un settore giovanile guidato da Alessandro Bianchi che ha sfornato Baldini, Tarantino, Guzzo, Diamoutenè, Coda, Fialdini, Rossi, Vannucchi, Marianini, Masiello e altri ancora che debuttarono in B e consentirono al club di fare importanti plusvalenze.

Gli esempi

Atalanta prima, Empoli e Cesena dopo grazie alla valorizzazione delle risorse locali stazionano stabilmente nei quartieri alti del calcio. Massimo Morgia aveva cercato di ripartire dalle fondamenta, ma gli è stato impedito di proseguire. Sino a quando a Lucca non si deciderà di ripartire dal basso con progetti a lunga scadenza legati alla valorizzazione del territorio e senza ricordare ossessivamente la serie A (sono passati 73 anni dall’ultima volta) risalire sarà una chimera.

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