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Parravicini, un mister con tre maestri (e un curioso record)

l.t.
Parravicini, un mister con tre maestri (e un curioso record)

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È il calciatore che in carriere ha avuto il maggior numero di tecnici: 32 in 16 anni di professionismo. Una media di due per stagione. Una porta girevole da cui all'incirca ogni sei mesi sbucava un nuovo allenatore portando moduli e metodologie di gioco differenti. Non proprio il massimo per un calciatore costretto a cambiare sovente posizione sul campo e a imparare nuovi schemi e tattiche. Francesco Parravicini, 38 anni, milanese doc, nonostante il caravanserraglio di nozioni e metodi di allenamento che si susseguivano nella testa e nei muscoli, sin dall'inizio della sua carriera di calciatore ha sempre pensato che un giorno, attaccate le scarpette al chiodo, avrebbe fatto l'allenatore. «Sin dal settore giovanile ero affascinato dagli insegnamenti del mio primo maestro, Davide Aggio, che mi fece debuttare in prima squadra a 17 anni». La Pro Sesto allora (era la stagione 1999-2000) militava in C2 ed era una formazione importante nell'hinterland milanese. Da lì sono partiti l'ex difensore del Milan, Nava, e l'ex centrale della Juventus, Carrera. Anche Parravicini era destinato ad una luminosa carriera. Ma quando arrivò in serie A con la maglia del Treviso iniziarono i suoi guai: «Avevo 23 anni e club importanti erano sulle mie tracce. Proprio sul più bello ecco che affiorano problemi fisici». Prima a livello muscolare, stiramenti e contratture, poi strappi e infine le fratture. Si rompe due volte la gamba sinistra e a Livorno nella sua prima gara il ginocchio destro va in frantumi. Morale? In 5 anni gioca 37 partite (8 con l'Atalanta, 9 con il Siena, 9 con il Livorno e 11 con il Novara). «A 33 anni dissi basta - dice il tecnico della Pro Sesto - e me ne tornai alla antica società di appartenenza». Lì in 4 stagioni ha riportato la Pro Sesto nella categoria a cui aspira per storia, ambizioni e tradizioni: «Sarà per una mia predisposizione naturale o per il fatto che negli ultimi anni di carriera stavo spesso in panchina perché gli arti inferiori non reggevano i 90 minuti, ho iniziato ad osservare da vicino i miei allenatori sia in allenamento che in partita». L'elenco dei suoi tecnici assomiglia a quello telefonico e comprende, tra gli altri, Orrico, Cavasin Guidolin, Hector Cuper, Di Carlo, Tesser, Pillon, Malesani, Aglietti, Novellino, Calori, Sannino. Ma sono tre quelli che hanno segnato il suo futuro in panchina e a cui s'ispira: «Giampaolo, Del Neri e Ranieri. Li ho avuti per pochi mesi, ma mi hanno dato tanto sia dal punto di vista tecnico che umano. L'attuale allenatore del Torino è un maestro della difesa a quattro. Nel mio 4-3-3 i suoi concetti difensivi vengono applicati alla lettera. Del Neri è bravissimo nel leggere la partita nella fase di ripartenza e di possesso palla. Dal punto di vista umano e della gestione dello spogliatoio Claudio Ranieri non ha eguali. Con il suo arrivo a Parma nel 2008-2009 nonostante una società disastrata riuscimmo a salvarci». Chi deve ringraziare se oggi a 38 anni è un allenatore professionista di una delle squadre rivelazioni della serie C? «La società che ha sempre avuto fiducia in me e un allenatore che oggi avrei voluto abbracciare e che mi ha dato tanto nel mio primo anno di apprendistato da allenatore. Non me ne voglia mister Lopez, ma Francesco Monaco per me è stato un fratello maggiore. Una grande persona che nel suo periodo alla Pro Sesto mi ha coinvolto e mi ha insegnato tanto. Mi è dispiaciuto del suo esonero e sono certo che non ha colpe specifiche». La sua Pro Sesto con 16 punti è un'autentica sorpresa: «Proprio con Monaco al telefono in estate commentavamo il girone e ci auguravamo di riuscire a salvarci. Io temevo il contraccolpo dei miei ragazzi che in stragrande maggioranza non hanno mai giocato in C. Invece, pur rimanendo con i piedi per terra, siamo partiti con il piede giusto e l'entusiasmo ha fatto il resto». —

l.t.

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