Il Tirreno

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Tribunale

Lucca, paralizzata dopo l’operazione alla schiena: ospedale condannato

di Pietro Barghigiani

	L’intervento sbagliato venne effettuato il 18 settembre 2018 in neurochirurgia
L’intervento sbagliato venne effettuato il 18 settembre 2018 in neurochirurgia

Oltre 600mila euro di risarcimento, l’errore nell’intervento su due vertebre

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LUCCA. L’intervento alla spina dorsale che avrebbe dovuto alleviare una situazione di sofferenza con cui conviveva da anni, tra artrosi e scoliosi, l’ha condannata per sempre sulla sedia a rotelle. E per quell’intervento sbagliato il Tribunale ha riconosciuto alla paziente, al marito e a due figli un risarcimento che sfiora i 600mila euro con le spese legali. Un conto addebitato all’Asl. Non perché la struttura si sia esposta a lacune organizzative o sanitarie, ma per legge risponde delle negligenze dei suoi dipendenti salvo poi rivalersi nei loro confronti davanti alla Corte dei conti. Nella caso della signora si tratta del neurochirurgo che la operò il 18 settembre 2018.

Nella sentenza il giudice inserisce nel risarcimento non solo le spese per la fisioterapia, ma anche quelle psicologiche. Una vita stravolta quella della donna che deve persino chiedere al marito di spostarla di posizione a letto a causa di una perdita di autonomia totale e a tutti i livelli. Azzerata la vita sociale, il marito si è trasformato nel suo badante.

L’intervento alla spina dorsale si era reso necessario perché la patologia di cui soffriva la donna, invalida civile al cento per cento, si era aggravata. L’errore, accertato dai consulenti nominati dal giudice, era stato quello di un errato posizionamento della cage intersomatica (“gabbietta” in titanio messa per stabilizzare due corpi vertebrali, ndr). Era il 18 settembre 2018. La radiografia fece emergere lo spostamento della “gabbietta”. E il giorno dopo la paziente tornò sotto i ferri per il secondo intervento sulle due vertebre. Che l’operazione non fosse andata bene apparve chiaro quasi subito. Per sette mesi la donna rimase immobile passando da una struttura all’altra per fare fisioterapia. Fino a stabilizzarsi nella condizione di paraplegica. Neanche con le stampelle riusciva a stare in piedi. In una dichiarazione allegata all’atto di citazione scrive: «Tanta è l’umiliazione che provo quando mi devo sottoporre alla pulizia personale, a visite mediche o accertamenti vari. Attualmente sono in cura da una psichiatra».

I consulenti tecnici hanno concluso nel senso della sussistenza di una malpratica medica nell’operato del chirurgo escludendo profili di censura nell’operato dell’ospedale in senso lato.

Sono «identificabili a carico del dottore profili di inadeguata condotta che riguardano il mal posizionamento chirurgico del cage e la gestione del post operatorio ove a seguito del riscontro di lateralizzazione del cage non è corrisposta né una immediata diagnostica di secondo livello né una indicazione a stretto monitoraggio delle condizioni cliniche neurologiche della paziente. Per altro verso che non sono emersi difetti organizzativi e o strutturali in capo alla struttura coinvolta».

La paziente e i suoi familiari hanno diritto al risarcimento dei danni con il giudice che aggiunge nel conto anche le spese fisioterapiche e psicologiche future, «dato per un verso che la necessità di cure fisioterapiche emerge chiaramente dalle condizioni della paziente, per altro verso che le medesime condizioni giustificano ampiamente la necessità di un supporto psicologico».


 

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