Lucca, coppia truffata ma non risarcita: «Troppe anomalie e superficialità»
I giudici censurano il comportamento dei risparmiatori nei rapporti con il bancario poi licenziato. Persi 237mila euro
LUCCA. L’anomalia della consegna degli interessi in contanti e spesso fuori dall’istituto di credito. Ma anche l’eccessivo tasso proposto dal bancario sugli investimenti e l’assenza di fatto di contratti per la gestione dei titoli. Per la seconda volta una coppia, all’epoca dei fatti residente a Borgo a Mozzano, riceve un rifiuto dai giudici di rivedere i 237mila euro spariti nelle operazioni illegali compiute dal funzionario della Bnl tra Lucca e Montecatini. Dopo la morte del padre, commerciante, la causa è stata portata avanti dalla figlia con la mamma.
L’ex funzionario, ora 67enne, venne poi licenziato e a livello penale dopo un primo patteggiamento a un anno era stato poi condannato in un secondo procedimento a 2 anni e 8 mesi per truffa e appropriazione indebita. Pene condonate per fatti avvenuti tra il 1996 e il 2002 con un giro di soldi ottenuti da una trentina di risparmiatori per un importo di circa 2, 2 milioni di euro. Sul fronte del civile era rimasta in piedi una causa promossa contro la Bnl da una coppia che si era fidata dell’amico e affidata alle sue promesse di interessi mirabolanti. Sia in primo grado che in appello, i giudici hanno stabilito che la banca non solo era all’oscuro dei maneggi del funzionario infedele. Quello che è stato ribadito nei due gradi di giudizio è che il comportamento della coppia ai tempi dei rapporti era stato improntato a una certa superficialità che l’ha esposta al raggiro consumato dal bancario senza trovare ostacoli. I rendiconti degli interessi semestrali erano moduli con carta intestata dalla banca, ma di nessun valore. Non c’era un conto titoli, né un contratto. I risparmiatori, amici dell’impiegato, versavano i soldi in contanti e sempre sotto forma di cash erano gli interessi ottenuti ogni sei mesi. Solo che non erano frutto di investimenti azzeccati, ma denaro proveniente da altri risparmiatori truffati.
«Non occorre avere una particolare conoscenza della pratica bancaria per comprendere che il denaro non viene di regola consegnato direttamente all’impiegato al di fuori della sede e che gli investimenti finanziari richiedono la sottoscrizione di contratti – spiegano i giudici della Corte d’Appello – . La coppia non poteva non accorgersi che il denaro che stavano consegnando non veniva utilizzato per acquistare titoli a loro nome, visto che il loro deposito titoli non veniva alimentato. Non viene, infatti, evidenziato nessun motivo che potesse impedire ai clienti di prendere visione della rendicontazione periodica della banca, per cui si suppone che il contenuto del deposito titoli fosse a loro noto. Costituisce un’ulteriore massima di comune esperienza che gli interessi non vengono corrisposti dagli organismi finanziari per il tramite del funzionario della banca, e tanto meno in contanti». Sono diverse le anomalie riscontrate negli investitori di sicuro truffati, ma che non hanno seguito con accortezza il percorso dei loro soldi. Quel 13 per cento di interessi pagato all’inizio era sufficiente a non fare troppe domande. Quelle che poi hanno ricevuto la risposta più dolorosa: i risparmi erano andati in fumo.
«In un tale contesto appare ragionevole supporre che gli investitori abbiano scelto di aderire a tali richieste in quanto veniva loro prospettato che solo tale procedura avrebbe consentito di ottenere i cospicui guadagni promessi» ancora la sentenza che prosegue: «Tale condotta, infatti, lascia trasparire una consapevole acquiescenza alla violazione delle elementari regole che disciplinano gli investimenti finanziari, prima tra tutte il divieto di regolazione in contanti del rapporto, tale da elidere il nesso di occasionalità necessaria tra la condotta illecita ed il rapporto lavorativo del funzionario con Bnl».
Il no al risarcimento dei soldi persi viene giustificato con una «condotta dei coniugi caratterizzata da un elevato livello di imprudenza, che ha consentito al funzionario di porre in essere la propria condotta illecita per numerosi anni senza che la banca potesse accorgersi di quanto stava accadendo. Del resto, nonostante il basso livello di istruzione, i due coniugi certamente avevano avuto occasione di rapportarsi con istituti bancari, e certamente dovevano essersi avveduti che le prassi in uso erano ben diverse da quelle che regolavano i rapporti con l’impiegato». Appello respinto e risparmiatori raggirati pure condannati a pagare oltre 12mila euro di spese legali alla banca citata in giudizio.l
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