Femminicidio a Barga, uccisa all'ultimo appuntamento: il coltello di Rambo, la separazione e quella volta che la casa bruciò
Anatomia di un delitto annunciato. Vittorio Pescaglini dopo avere ucciso Maria Battista Ferreira ha chiamato il 118. La confessione ai carabinieri: «Sono stato io»
FORNACI DI BARGA. L’ultimo appuntamento le è stato fatale. Perché il giorno precedente l’udienza di separazione suo marito si è presentato davanti all’albergo dove lei era andata a vivere da quattro mesi con un’unica intenzione: quella di ammazzarla. Così Vittorio Pescaglini, 56 anni, di Fabbriche di Vallico, dipendente di una cooperativa che si occupa della raccolta rifiuti ieri sera alle 17,30 ha atteso in auto Maria Batista Ferreira, 51 anni, originaria di Recife (Brasile) che ultimamente lavorava come badante.
Quando la donna, che aveva sposato una ventina d’anni orsono, è uscita dall’hotel Gorizia in via Cesare Battisti a Bagni di Lucca lui, come in una scena di guerriglia, è balzato fuori dall’abitacolo brandendo un pugnale con lama di 18 centimetri: il leggendario First Blood Survival Knife, conosciuto come il coltello di John Rambo protagonista del film cult con Sylvester Stallone. Un’arma ritenuta micidiale e utilizzata per la caccia, la pesca e l’attività di sopravvivenza. La vittima non si è resa nemmeno conto di cosa stava accadendo. É stata colpita sul fianco destro e il fendente le ha perforato il polmone provocando una inarrestabile emorragia. Stando al medico legale, Stefano Pierotti, potrebbe essere stata quella la ferita letale a cui ne sono seguite altre che hanno colpito la badante mentre cadeva a terra in un lago di sangue.
La telefonata
Pescaglini, con a terra il cadavere insanguinato della compagna di una vita, gettata lì vicino l’arma del delitto ha preso il cellulare e ha inviato un messaggio a un amico. “Stavolta ho fatto una cazzata”. Sono poche parole che racchiudono l’anatomia dell’ennesimo femminicidio, un autentico flagello che non risparmia paesi e comunità e che cresce, anche attraverso i social media, in modo esponenziale anno dopo anno. A quel punto, come un automa, ha formato il numero 118 per far intervenire un’ambulanza arrivata assieme ai carabinieri a cui si è consegnato senza opporre la minima resistenza: «Sì sono stato io, l’ho uccisa». Le prime parole uscite dalla sua bocca al momento dell’arrivo dei militari dell’Arma.
Pescaglini, in stato di choc per essersi reso conto dell’orrendo crimine che aveva commesso, è stato accompagnato in caserma a Fornaci di Barga e sottoposto a fermo di polizia giudiziaria. Poco dopo, verso le 20, è arrivato il sostituto procuratore Paola Rizzo, magistrato di turno, che lo ha interrogato sino a notte fonda alla presenza del legale dell’omicida, avvocato Mara Nicodemo, poi condotto in carcere in attesa della convalida di fronte al giudice delle indagini preliminari.
Omicidio annunciato
Al di là del fatto – c’è la cadavere, l’arma del delitto e la confessione dell’omicida – ci sono ancora aspetti da chiarire. Primo tra tutti la premeditazione. Quel pugnale micidiale si trovava già nella Fiat Punto Blu di Pescaglini oppure l’operatore ecologico lo ha caricato espressamente per compiere il delitto nel giorno dell’appuntamento. Un particolare fondamentale legato alla premeditazione.
L’incontro per chiarire
L’assassinio si consuma alla vigilia della separazione. Vero è che il femminicida – pur non avendo precedenti penali in corso – era stato segnalato ripetutamente per comportamenti prepotenti, violenti e prevaricatori.
Ma stando al racconto fornito ai carabinieri quell’incontro lo aveva voluto la sua ex che aveva paura di perdere il permesso di soggiorno, la cittadinanza o comunque il sostentamento economico fornito dal coniuge. La badante, lavorava saltuariamente, e aveva il timore di dover tornare in Brasile dove vive una figlia avuta da una precedente relazione. Quell’invito per l’ultimo tentativo di riappacificazione è stata la molla che ha fatto scatenare ancor di più l’odio nei confronti della moglie che non sopportava e a cui non voleva più versare un euro.
Il mistero della denuncia
Testimoni sostengono che circa dieci giorni prima Maria Batista aveva denunciato l’ennesima vessazione compiuta dal compagno. Dopo un furibondo litigio culminato con gli schiaffi proprio vicino all’Hotel Gorizia dove si trovava ospite con l’assistenza dei servizi sociali si era rifugiata all’interno di un negozio chiamando i carabinieri di Fornaci con il marito che l’aveva raggiunto dando la sua versione dei fatti. La domanda sorge spontanea: Quella denuncia è stata formalizzata? E se fosse stata presentata non doveva scattare il Codice Rosso?
La casa in fiamme
Quattordici anni la coppia, suo malgrado, fu protagonista di un episodio di cronaca. Il 16 dicembre 2009 la loro casa in via Ponte 20 a Fabbrico di Vallico nel comune di Fabbriche di Vergemoli venne completamente distrutta a causa di un incendio partito dal caminetto.
Vittorio e Maria Batista persero tutto: dai documenti della donna, appena giunta dal Brasile, agli elettrodomestici sino al vestiario. Tanto che la comunità per aiutarli si adoperò attraverso una colletta consentendo di ripartire e avere una nuova dimora. Ma il loro rapporto negli ultimi anni si era logorato per una serie di incomprensioni legate alla gelosia sino a sfociare nella decisione della badante di allontanarsi dal tetto coniugale e chiedere in Comune la separazione.