Piero Camilli tra aneddotti, sogni e la voglia di pallone: «Livorno-Grosseto il mio derby»
L’ex presidente del Grifone svela retroscena del presente e del passato: «Mi hanno proposto di comprare la vostra società, ma siete rossi e io democristiano»
LIVORNO. È una delle partite più attese del girone E di Serie D. Anche se non ha più il fascino che aveva una quindicina di anni fa. Su Livorno-Grosseto, in programma domenica all’Ardenza, ci saranno gli occhi di tutti gli addetti ai lavori del calcio dilettantistico, della Toscana e non solo. E ci sarà anche qualche spettatore interessato come il Siena.
Seguirà questa partita da casa sua, a Grotte di Castro, anche l’ex presidente del Grosseto Piero Camilli. Magari ripensando a quella semifinale playoff del 2009, persa in maniera sin troppo clamorosa dalla sua squadra. Una sconfitta che, anche se sono passati tanti anni, è ancora difficile da digerire per il Comandante. «Cosa mi ricordo di quella partita? Tanta rabbia, ma lasciamo perdere. Se dicessi quello che penso… Mi limito a far notare che alla fine i giochetti di certe persone sono venuti fuori. All’epoca evidentemente i tempi non erano maturi. Peccato, perché avevamo una gran bella squadra e nella partita di andata lo dimostrammo. Poi nella partita di ritorno diciamo che qualcosa si ruppe».
Il presente è diverso, con Livorno e Grosseto a caccia del ritorno nei prof. Che partita si aspetta?
«Non una bella partita. La Serie D è deprimente, soprattutto per una piazza come Livorno. Vedere gli amaranto nei dilettanti è veramente uno scempio. Bel regalo che vi ha fatto Spinelli… Ci sarà tutta un’altra atmosfera rispetto a qualche anno fa, anche se Livorno ha sempre un buon pubblico. A Grosseto sono abituati ai dilettanti. In 112 anni di storia il vero calcio lo hanno visto solo con me».
Che idea si è fatto delle due squadre?
«Ho visto gli highlights della sconfitta del Grosseto col Poggibonsi. La squadra non mi è piaciuta e onestamente non capisco la campagna acquisti che hanno fatto. Fare calcio in Maremma è difficile. Ai miei tempi partivamo sempre per la salvezza, sin dalla Serie D. I proclami sono sempre rischiosi. Il mio primo obiettivo era sempre la salvezza. Poi, i miei collaboratori lo sapevano: se le cose non andavano come volevo li cacciavo tutti. E sono arrivato quasi in A. Il Livorno è molto forte. Ha un grande attaccante come Dionisi, che può ancora fare la differenza. Farà tanti gol».
Lei conosce molto bene Paolo Indiani, che ne pensa del mister del Livorno?
«Ho avuto allenatori come Allegri, Sarri e Pioli. Il top del calcio italiano. Secondo me Paolo avrebbe meritato una carriera come la loro. Forse ha pagato un po’ il suo carattere introverso, ma è un grande allenatore. E penso la stessa cosa anche di Vincenzo Esposito».
E Malotti? Secondo lei è il tecnico giusto per il Grosseto?
«Non lo conosco personalmente. Ma non mi piacciono molto i suoi modi. Penso che con me sarebbe durato poco».
Ci risulta che abbia voglia di rientrare nel calcio. È pronto per una nuova avventura?
«Sarò sincero, un po’ di voglia ce l’ho. Viterbo? Non c’è niente di vero. Anche là fare calcio è impossibile. Hanno avuto un personaggio (Marco Arturo Romano ndr) che in pochi anni ha distrutto tutto. Mi hanno offerto società importanti come il Perugia e la Ternana. Ma hanno i conti in rosso. Io i debiti degli altri non li pago. Sono uno che costruisce. Andate a vedere quante volte ho vinto la Serie D. Con gli investimenti e gli uomini giusti».
Avrebbe mai comprato il Livorno?
«Sì. E qualcuno non troppo tempo fa me lo aveva anche chiesto. Ma Livorno è rossa e io sono democristiano. Non era il caso. Sono convinto che l’attuale società abbia lavorato bene. L’anno scorso, forse per inesperienza, sono stati commessi errori nella scelta di alcuni collaboratori. Bicchierai è l’uomo giusto. Egidio è un amico e un grande ds».
Andiamo nel generico. Cosa non le piace del calcio attuale?
«I procuratori e tutte quelle figure ambigue che ruotano attorno ai giocatori. Pensano solo ai soldi e a stravolgere gli accordi presi, con mille scuse. Oggi girano cifre folli. Secondo me il parametro giusto è lo stipendio medio di un giocatore di Serie B. Da adeguare in caso di promozione o di retrocessione. Per salvarsi in B servono 5/6 milioni solo di contratti. E se disgraziatamente retrocedi i contributi del paracadute non arrivano al milione. C’è troppa disparità con la Serie A. Servirebbe una bella riforma con modello all’inglese e magari una Serie C unica. Con tutto il rispetto, non si possono vedere realtà come Alcione e Pianese contro squadre dal passato glorioso come Vicenza o Perugia».
Dell’obbligo delle quote in campo cosa ne pensa?
«Nei professionisti c’è chi fa giocare i giovani solo per prendere i contributi, assurdo. E l’obbligo in Serie D per me è una forzatura inutile. I giovani bravi giocherebbero comunque. Io sono romanista, guardate Pisilli: che campionato sta facendo?».