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È allarme disagio psicologico: «Ne soffre un giovane su tre». L'origine del problema e cosa i genitori non devono sottovalutare

di Martina Trivigno

	Roberto Danieli
Roberto Danieli

La nostra intervista al primario di Pediatria, Roberto Danieli: «Sempre più ragazzi depressi. L’età dell’anoressia si è abbassata: ricoveriamo anche bambine di otto anni»

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LIVORNO. «Un giovane su tre è in una situazione di disagio psicologico». Roberto Danieli, primario di Pediatria dell’ospedale di Livorno, dati dell’indagine Edit dell’Ars Toscana alla mano, spiega che i bambini e i ragazzi di oggi vivono una situazione di distress psicologico. In altre parole: si sentono tristi, frustrati, sono ansiosi o comunque hanno uno stato dell’umore negativo, e quasi il 24 per cento vorrebbe essere in cura dallo psicologo o dallo psichiatra. «E dopo il Covid questo si è tramutato in un aumento dei disturbi della condotta alimentare, ma non solo: l’anoressia, ad esempio, è aumentata del 78 per cento e ora il 20 per cento delle neo-diagnosi riguardano bambine tra gli 8 e i 14 anni», sottolinea Danieli.

Dottore, qual è l’origine di questo disagio?

«Questo trend è iniziato nel 2011 in coincidenza con la crisi economica e l’avvento dei social media, poi il Covid ha stravolto tutto con l’isolamento, la mancanza di socializzazione, il senso di incertezza per il futuro, la paura della malattia per se stessi e per le persone care, la maggiore esposizione, in quel periodo, ai social, la difficoltà di accesso alle cure. Insomma è stato un “frullato” che ha fatto esplodere questo tipo di problema. Ed è a questo punto che c’è stato il cortocircuito».

Si spieghi meglio.

«Durante il Covid, noi pediatri abbiamo assistito a una diminuzione del 50 per cento degli accessi in pronto soccorso e, a fronte di questo dato, si è registrato però un aumento dell’80 per cento delle consulenze di tipo neuropsichiatrico, il 40 per cento delle quali categorizzava patologie psichiatriche talmente gravi da richiedere il ricovero. C’è un tema importante: la Neuropsichiatria infantile è un servizio territoriale, ma noi ci troviamo di fronte a un aumento delle patologie che richiedono un ricovero. In tutta la Toscana, però, ci sono 17 posti letto: 12 al Meyer e cinque alla Stella Maris. Ora il rischio è la saturazione delle possibilità di ricovero».

Anche se non nell’immediato, Livorno però ha una grande possibilità: il nuovo ospedale.

«È fondamentale che nel nuovo ospedale siano previsti anche degli spazi capaci di gestire queste patologie emergenti oltre alla formazione specifica degli operatori. Dal punto di vista medico, infatti, la criticità è proprio quella di doversi confrontare con patologie non di stretta pertinenza pediatrica e, inoltre, con un’inadeguatezza degli spazi. È un problema nazionale: si parla di 150 posti letto di Neuropsichiatria infantile che mancano in tutta Italia».

Quali sono questi disturbi emergenti?

«La depressione nei giovani è aumentata del 115 per cento, i disturbi della condotta alimentare, come ad esempio l’anoressia, del 78 per cento e l’ideazione suicidaria (considerare o pensare al suicidio, ndr) è cresciuta del 147 per cento. Quindi siamo di fronte a quello che io definisco un effetto onda, quasi uno tsunami».

I dati devono far riflettere.

«Sì. Il fatto che un terzo dei nostri ragazzi sia in una condizione di disagio psicologico richiede una presa di coscienza forte perché saranno gli adulti del domani. E questo ha correlazioni importanti con altri settori».

In che modo?

«Sempre secondo i dati dell’Indagine Edit, il 46,2 per cento dei nostri ragazzi ha dichiarato di aver bevuto più alcolici in un tempo limitato (binge drinking) almeno una volta nell’ultimo anno, mentre il 21 per cento ha dichiarato di aver fatto uso di sostanze psicotrope e il 14,2 per cento è un fumatore regolare. Infine, il 16,5 per cento dei giovani intervistati è stato vittima di bullismo negli ultimi anni e il 7,4 per cento ha compiuto atti di bullismo».

Che dire dei disturbi alimentari?

«Sono in aumento bulimia, anoressia e alimentazione selettiva e, soprattutto, l’età in cui si manifestano queste patologie si è abbassata. Anche qui, a Livorno, assistiamo al ricovero di bambine di otto anni».

C’entrano i modelli sui social?

«Guardi, i dati dicono che un bambino su dieci è già sui social a dieci anni senza alcuno strumento di controllo. Non solo: il 43 per cento dei ragazzi ha più di tre social e soltanto il 5 per cento non ne ha nessuno».

Quali sono i segnali da tenere sotto controllo?

«Nel caso dell’anoressia, sono soprattutto bambine che, oltre a isolarsi, tendono a consumare i pasti molto lentamente, a fare un’alimentazione selettiva, quindi a escludere determinati alimenti, a sminuzzare il cibo in pezzetti piccolissimi, a bere molta acqua durante i pasti per indurre il senso di sazietà, andare frequentemente in bagno durante il pasto. I disturbi come l’anoressia sono disturbi psichiatrici, ma hanno una forte componente somatica».

Quali consigli darebbe ai genitori?

«Quando si parla di temi così importanti, il rischio è sempre quello di essere retorici o banali. È vero, è maturo il tempo per un controllo più assiduo della rete da parte delle famiglie e delle e delle istituzioni, ma non credo sia questa l’unica soluzione per fronteggiare il disagio giovanile».

Cosa propone quindi?

«Fondamentale è l’ascolto dei ragazzi. Inoltre, a mio avviso, bisogna favorire spazi di aggregazione che consentano ai ragazzi di uscire da questa dipendenza dai social e, quindi, benissimo le nuove palestre e gli oratori: a proposito di questi ultimi, la Regione Toscana ha stanziato quasi un milione di euro. E poi ci vuole un coordinamento».

Come?

«Vede, non mi riferisco a un tavolo perché è un concetto statico; a me, invece, piace il concetto dinamico, quindi mi piace più la definizione di progetto. Ecco, secondo me la città ha bisogno di fare un progetto comune, bipartisan, che coinvolga tutte le risorse presenti a Livorno e che metta in moto dei meccanismi di presa in carico del problema. E lì sono necessari tutti».

Ad esempio?

«In primo luogo il sindaco Luca Salvetti e la giunta, sempre sensibili a questi temi, e poi tutte le agenzie vicine ai ragazzi, a partire dalle scuole, i servizi sociali, le strutture sanitarie fino ad arrivare alle associazioni sportive e, non ultimo, il security manager Giampaolo Dotto. C’è un interesse fortissimo della città, dell’amministrazione comunale, verso questa problematica e ci sono le risorse e le persone capaci di prendersi in carico un problema, quello del disagio giovanile, che in futuro potrebbe avere risvolti drammatici se non affrontato subito».

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