Enrico Berlinguer e il lato inedito: «Quella volta che a Livorno andò in incognito a fare polpi...»
Ai 4 Mori l’evento-omaggio per lo storico leader del Pci: parlano gli ex uomini della scorta e del servizio d’ordine
LIVORNO. Se tutti sanno tutto sul politico Berlinguer pochi sanno dell’uomo Enrico. A questo hanno pensato la direttrice Serena Cassarri e gli organizzatori de “Il mio Berlinguer” l’incontro che si è svolto ai 4 Mori parallelamente alla proiezione de “La grande ambizione”, il film sulla vita del leader politico diretto da Andrea Segre che sta incontrando molto successo di spettatori. Questo ha portato una cinquantina di militanti del vecchio Pci a raccontare episodi di vita vissuta di e con “Enrico” come tutti semplicemente lo chiamavano nei giorni delle visite del leader sia a Livorno sia a Cavo dove passava le vacanze con la famiglia.
L’incontro
A presentare l’incontro l’artista Alessia Cespuglio, con lei sul palchetto l’ex presidente della Provincia Claudio Frontera, il docente universitario Enrico Mannari e Maurizio Paolini dell’associazione intitolata allo storico segretario del Pci. Partono i ricordi. Potevate voi immaginare che l’uomo del Compromesso Storico avesse dentro di sé il recondito segreto di andare a pesca di polpi ? Invece è così. A parlare è Lucio Giuliani, ex comandante della polizia provinciale di Livorno, facente parte della scorta che il partito stesso affidava al politico. Una scorta che si aggiungeva a quella garantita dalle forze di polizia.
Il racconto
«Il partito non si fidava molto della scorta “governativa” – racconta Giuliani reclutato nella “scorta rossa” in virtù del porto d’armi che, visto il mestiere, possedeva – in quanto i tempi erano quelli delle “trame”. Io e gli altri compagni vivevamo praticamente con lui e la sua famiglia nei giorni delle vacanze a Cavo. Enrico seppe come io fossi sommozzatore e un giorno mi chiese “di andare a fare polpi”. Non sapevo come fargli presente – prosegue il racconto – che era difficile “seminare” i carabinieri della scorta per far ciò che lui chiedeva ma Enrico non cedette: si mise un cappuccio, la scorta fu distratta, scendemmo al mare e di polpi ne prendemmo: ben cinque. Per la verità – sorride- a trovarli fui io per poi farli scappare nella sua direzione per farglieli prendere».
L’aneddoto
Giuliani ha in canna un secondo racconto non meno gustoso. «In quei giorni del 1979 si stava eleggendo il nuovo papa. Io dissi a Enrico che avevo uno zio cardinale pur pochissimo conosciuto. Il giorno dopo mi chiamò e mi disse: “Hanno eletto papa tuo zio (Albino Luciani ndr): con me come amico, uno zio papa e chi ti ferma più».
Compagno, anch’esso “con la pistola”, di Giuliani era Luigi Pini, già ufficiale della Polizia Municipale, che ha colto l’occasione per discolparsi della simpatica accusa, avanzatagli da Paolini tempo addietro su questo giornale, di aver fatto sostare Berlinguer e il leader del Pci spagnolo Santiago Carrillo sul marciapiede di via San Francesco, di fronte alla sezione del Pci (era previsto in quel luogo un incontro segreto tra i due prima del celebre comizio eurocomunista del luglio 1975) un quarto d’ora, questo per essersi scordato a casa le chiavi della sezione. «Saranno stati sì e no – si è difeso Pini – due o tre minuti».
Il comizio
Giancarlo Pedani faceva parte del servizio d’ordine che aspettò Berlinguer all’Hotel Rex, l’alloggio previsto, per il celebre comizio del 1979 al Palasport. «Ebbene noi della scorta lo aspettavamo in un locale con una tv accesa che trasmetteva proprio un suo intervento. Con noi altri semplici clienti ospiti dell’albergo ignari della celebre presenza. Un simpatico napoletano stava commentando positivamente l’intervento del leader con parole tipo “ce ne vorrebbero di Berlinguer” quando Enrico entrò nel locale. Il tipo cominciò a balbettare e “Berlinguer? Ma è proprio Berlinguer” non si capacitava dell’accaduto girando ritmicamente la testa dalla tv verso il politico». Il celebre arbitro di calcio Paolo Bergamo ha inviato all’incontro di venerdì una memoria con la quale racconta di quando il leader lo convocò alle Botteghe Oscure per chiedergli come avesse fatto un comunista a diventare arbitro internazionale.
«Gli risposi raccontandogli del mio impegno nel calcio sfruttando l’occasione per dirgli pure come il Pci livornese – scrive Bergamo – non mi avesse proprio in simpatia forse perché facendo di mestiere l’assicuratore venivo considerato poco “marxista”. Lui mi rispose che il partito stava abbandonando l’impronta “sovietica” e di proseguire serenamente nel mio lavoro. Poi lo rividi anni dopo nel corso di un evento nazionale. Mi disse “Ti presento due promesse del partito, uno juventino e uno romanista”. Erano Walter Veltroni e Massimo D’Alema».
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