Albergatore morto in Fi-Pi-Li contro un capriolo, niente risarcimento: la motivazione
Negato l’indennizzo ai familiari del 52enne Dino Banchellini
LIVORNO. Niente risarcimento. Gli enti hanno fatto quanto previsto dalle leggi. L’incidente mortale è da classificare come «caso fortuito», perché «l’unico provvedimento che poteva impedire che il capriolo attraversasse la strada, era la completa soppressione di tutti gli esemplari, opzione ovviamente contraria alla legge». Lo scrive il giudice del Tribunale di Livorno nella sentenza relativa alla causa civile promossa dagli eredi di Dino Banchellini contro gli enti che, con vari ruoli, sono legati alla Fi-Pi-Li.
La tragedia
È la sera del 2 luglio 2022. Banchellini, 52 anni, sta rientrando a casa a Latignano dove l’aspettano la compagna e due figli piccoli, dopo una giornata di lavoro all’Hotel Europa a Livorno, l’albergo di famiglia avviato dal padre Fabio e alla cui guida da tempo c’è Dino insieme al fratello Amerigo. È in sella alla sua Ducati Multistrada e viaggia in Fi-Pi-Li, direzione Firenze. Alle 22, 22, in zona Interporto della superstrada, nel territorio comunale di Collesalvetti, un capriolo piomba sulla carreggiata. L’impatto è terribile e non lascia scampo all’albergatore, «che viene proiettato – scrive il giudice – insieme al proprio mezzo di circa 200 metri».
Doppio binario
La Procura apre un’inchiesta che sembra ben presto avviarsi sulla strada dell’archiviazione. La famiglia si oppone, ma dopo la successiva perizia di un consulente tecnico, non ci sono – per il momento – ulteriori sviluppi. Nel frattempo, invece, è andato avanti il procedimento civile. Che non ha avuto, almeno nel primo grado di giudizio, l’esito auspicato dalla famiglia, assistita dall’avvocato Riccardo Gambi del Foro di Lucca: «Stiamo già predisponendo l’appello – spiega il legale – contro una sentenza che riteniamo incredibile e che ignora gli orientamenti sul tema della Corte di Cassazione». E che di fatto “scagiona” da ogni responsabilità in merito alla tragedia la Regione Toscana, proprietaria dell’arteria ed ente che controlla la fauna, la Città Metropolitana che gestisce Fi-Pi-Li, l’Avr che ne cura la manutenzione, e la Provincia di Livorno (corresponsabile della mancata attuazione dei piani di abbattimento) , contestando il mancato contenimento della popolazione di daini e l’assenza di recinzioni per impedire l’invasione della strada da parte di animali selvatici.
Motivi
Dopo aver evidenziato che la Regione «ha fatto quanto prescritto dalla legge nazionale e regionale per regolamentare la popolazione dei caprioli nel territorio», il giudice del Tribunale di Livorno spiega anche che “non è possibile ravvisare un’omissione colposa nell’allestimento della strada, in quanto la stessa era rispondente ai requisiti previsti dal codice della strada e presentava il debito cartello di segnalazione del pericolo. Non è possibile addebitare «alla comunità dei cittadini un danno derivante dalla estrinsecazione di un rischio che la Regione aveva neutralizzato nei limiti del possibile e delle previsioni di legge» e che «il Banchellini ha consapevolmente assunto, percorrendo una strada su cui sapeva potevano attraversare degli animali, selvatici o anche non selvatici». Il giudice ha anche condannato la famiglia di Banchellini al pagamento delle spese processuali.
Il “messaggio”
In sostanza, chi sale in moto o si mette alla guida di un’auto o un mezzo pesante sulla Fi-Pi-Li, deve sapere che può ritrovarsi un animale sulla carreggiata. Di conseguenza deve mantenere una prudenza tale da essere in grado di schivarlo in qualsiasi momento. Altrimenti, in caso di impatto, la responsabilità è esclusivamente sua, perché i cartelli di segnalazione del pericolo ci sono, mentre le recinzioni e le barriere non sono necessarie per questo tipo di strada extraurbana.
La replica
«Senza entrare nel merito della decisione del giudice – sottolinea l’avvocato Gambi – è doveroso compiere una riflessione relativa alla sicurezza effettiva su quel tratto di strada che è già stata teatro di eventi analoghi. Essendo evidente l’impossibilità tecnica ed etica di sopprimere tutti gli ungulati della zona, la Regione e per essa gli enti preposti alla sicurezza (Città Metropolitana di Firenze, Avr e Provincia di Livorno) , conoscendo l’esistenza del pericolo di attraversamento animali e l’utilizzo massiccio della Fi-Pi-Li, anziché predisporre l’installazione di barriere a pagamento per far pagare il pedaggio, avrebbero dovuto prevedere la chiusura dei tratti di strada ritenuti pericolosi e/o in alternativa predisporre mezzi di contenimento, quali recinzioni o guardrail più alti. Solo con l’adozione di queste precauzioni e l’installazione di adeguata cartellonistica (assente nel luogo del sinistro) sarebbe garantita la sicurezza su quel tratto di strada». Lasciare aperta al transito la Fi-Pi-Li senza l’adozione di queste misure «non è sufficiente a garantire l’incolumità dell’utenza. La sola cartellonistica, idonea a invitare gli utenti alla prudenza (condotta messa in atto dal Banchellini) non impedisce di certo il transito degli ungulati o lo scontro. E non è giusto – conclude Gambi – far ricadere sulla comunità, e nel caso di specie sulla famiglia dello sfortunato Banchellini, la responsabilità dell’incuria e delle omissioni poste in essere degli enti».
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