Livorno, arrestata la banda che rubava mezzi da lavoro: chi sono i ladri e che fine hanno fatto furgoni e autocarri
Nei guai persone dai 24 ai 66 anni: l’indagine è partita dalle segnalazioni da parte della Cna
LIVORNO. Sei arresti per furti di veicoli commerciali e della loro esportazione all’estero. Un giro che coinvolge Livorno, che registrerebbe la metà dei casi, e altre parti d’Italia. I carabinieri del nucleo investigativo labronico hanno fermato sei persone (cinque in carcere e una ai domiciliari), ritenuti responsabili, a vario titolo e in concorso fra loro, di furto pluriaggravato, riciclaggio, autoriciclaggio, falsità materiale commessa dal privato e uso di atto falso.
La segnalazione
L’indagine, avviata a seguito della segnalazione della Cna livornese su un’anomala impennata di furti di furgoni e autocarri a Livorno, è stata sviluppata dal nucleo investigativo dal luglio del 2023 allo scorso febbraio. L’intera operazione si è articolata attraverso servizi di osservazione, intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, nonché avvalendosi della cooperazione internazionale di polizia per gli accertamenti all’estero. «In particolare l’attività ha consentito di acquisire gravi indizi di colpevolezza a carico dei destinatari della misura, tutti di età compresa tra i 24 e i 66 anni, definiti abili, scaltri, veloci ed operativi, che hanno dimostrato abitualità delle condotte criminose nel compiere molteplici furti in diverse località ma anche la capacità di piazzarli (i veicoli rubati) all'estero, in Polonia e in particolare verso un insediamento produttivo individuato dai carabinieri», spiegano i militari.
Secondo la ricostruzione investigativa gli indagati, tutti originari del Foggiano, «erano altamente specializzati nella commissione di furti seriali di veicoli commerciali (prevalentemente Iveco Daily, rubati in meno di due minuti mediante manomissione della centralina e dell’eventuale localizzatore gps), sfruttando basi logistiche ubicate nel Pisano, dove trovavano ricovero durante le trasferte e dove verosimilmente svolgevano le attività propedeutiche all’esportazione della refurtiva tramite la contraffazione dei telai e la predisposizione di targhe e documenti di circolazione falsi».
Non si tratta di semplici furti, ma di condotte organizzate, pianificate e realizzate, in particolare 41 quelli ricostruiti durante l’indagine e contestati, a vario titolo, agli indagati commessi in gran parte della Toscana (nelle province di Livorno, Pisa, Lucca e Firenze), nonché nella Repubblica di San Marino e nelle province di Ravenna e Pesaro Urbino. Lo scopo dei fermati che avevano sottratto i mezzi era quello di monetizzarne il valore; tale operazione si sarebbe potuta realizzare attraverso parziali modifiche documentali o di parti dei mezzi, portati all'estero, ove sarebbero stati ricollocati in un mercato nel quale le caratteristiche iniziali erano state confuse, annacquate, alterate e rese difficilmente visibili.
La tratta con la Polonia
Infatti, una volta “ripuliti”, i mezzi venivano esportati in Polonia, in cambio di denaro o autovetture, per la successiva commercializzazione da parte di una ditta locale specializzata nella vendita di ricambi per Iveco Daily e nei cui confronti sono in corso ulteriori approfondimenti in ambito di cooperazione internazionale di polizia. Nel corso delle indagini è emerso il modus operandi: nei giorni infrasettimanali lavorativi, nei quali ditte e artigiani sono in piena attività e si registrano maggiori spostamenti, gli indagati raggiungevano il centro Italia. Dopo aver individuato il furgone o l’autocarro, monitoravano rapidamente il conducente e, una volta che questi si era allontanato, veniva aperta in pochi secondi la portiera del veicolo, sbloccato il vano motore dove veniva manomessa la centralina ed isolato l’eventuale localizzatore gps presente, consentendo così ad uno degli indagati di porsi alla guida del mezzo ed allontanarsi indisturbato mentre il complice veniva recuperato dall’auto utilizzata per l’osservazione. Tutta l’operazione illecita si concludeva in maniera estremamente repentina, talvolta in meno di un minuto rendendo impossibile per le vittime accorgersi di alcunché sebbene nelle vicinanze».
I primi due arresti
«Il tratto comune che lega i furti non è solo quello del concorso negli stessi dei prevenuti, ma anche la capacità di piazzarli all'estero, in quanto la fase successiva prevedeva la contraffazione di targhe, telaio e documenti di circolazione per permettere l’esportazione attraverso il confine nazionale di Tarvisio (Udine). Tale ipotesi investigativa ha trovato pieno riscontro il 30 gennaio 2024 quando due degli indagati sono stati sottoposti a fermo di indiziato di delitto perché bloccati dai carabinieri friulani, su specifica indicazione dei colleghi labronici, alla guida di due furgoni proventi di furto con telaio contraffatto nonché con targhe e documenti di circolazione clonati. Il citato riscontro ha consolidato il grave quadro probatorio, condiviso e cristallizzato nel provvedimento emesso dal gip di Livorno. La complessa operazione di polizia giudiziaria dei carabinieri ha permesso di arginare l’elevata pericolosità sociale degli indagati destinatari di misura cautelare in carcere».